De Vmbrarum Regni Novem Portis




PREMESSA

L’articolo che stai per leggere tenterà di offrire, attraverso l’elaborazione di un’analisi logica, gli spunti che ti permetteranno facilmente di decodificare i misteri del film e di attingere da quel genere di informazioni che, se sapute cogliere saggiamente, ti consentiranno di districarti in modo indipendente nel vasto territorio dell’esoterismo. Le incisioni, contenute nel libro trattato nel film, ricordano gli elementi grafici presenti nei Tarocchi, allo stesso modo disseminate di riferimenti mitologici, cabalistici, ermetici, gnostici ed esoterici di ogni genere. I Tarocchi sono pertanto emblemi o schemi simbolici; ovvero quegli insiemi specifici, dove il mito e il simbolo originati dall’archetipo, si riuniscono e, per mezzo di una rappresentazione grafica, si legano saldamente tra loro. È necessario tener presente che le analogie coi Tarocchi, intesi come specchi del sé, sottintendono in ambito esoterico un mezzo per l’esplorazione spirituale piuttosto che per la predizione del futuro. 

“Il vero senso dei Tarocchi è il simbolismo. Non parlano altre lingue non offrono altri segni.” 
(Arthur E. Waite)

Questa citazione contiene una verità che abbiamo il dovere di estendere lungo tutto il sentiero del panorama esoterico, al fine di screditare coloro che hanno un’opinione distorta, facendone uso improprio, della filosofia occulta o della Magia. Ciò ci riconduce perfettamente al significato intrinseco che tende a snodarsi progressivamente lungo la visione del film, sottintendendo senza alcuna possibilità di errore, che il frutto della conoscenza può rivelarsi un’arma fin troppo pericolosa se adoperata incautamente. 

“Ci sono libri pericolosi, non vanno aperti impunemente.”
(Victor Fargas)
  
Le nove incisioni, che andremo ad analizzare in dettaglio, una alla volta, rappresentano ognuna una tappa precisa lungo i sentieri dell’Albero Sefirotico della Vita, esse racchiudono una pluralità di sensi, i quali, lungi dall’escludersi o dal contraddirsi, si accorpano invece e si completano fra di loro, così come la natura del vero simbolo deve essere intesa. Cercheremo di fornire una panoramica di come ogni “porta” conduca all’accesso di un corrispettivo "regno" presente lungo l'Albero della Vita e, di come rappresenti un diverso livello di coscienza in evoluzione. Il romanzo di Arturo Pérez-Reverte, “Il Club Dumas”, da cui è tratto il film in questione, ci sembra un modo interessante per introdurre,  chiunque ne abbia voglia, all'idea del viaggio e fornire una descrizione generale delle esperienze che ivi durante si possono incontrare. L'unico antidoto che conosciamo oggi, per lo stato apparentemente precario del mondo, è che il maggior numero possibile di persone inizi a creare il proprio viaggio oltre il Regno delle Ombre



INTRODUZIONE

"La Nona Porta (The Ninth Gate) è un film del 1999 diretto da Roman Polanski, tratto dal romanzo “Il club Dumas” dello scrittore spagnolo Arturo Pérez-Reverte. Boris Balkan, un editore e bibliofilo newyorkese, commissiona a Dean Corso, esperto di libri antichi, un'indagine su un antico testo esoterico presente nella propria collezione privata, “Le Nove Porte del Regno delle Ombre”, scritto e stampato nel 1666 da Aristide Torchia, un non meglio definito esoterista veneziano, processato e giustiziato sul rogo dalla Santa Inquisizione. Balkan è in possesso di uno dei tre soli esemplari superstiti, ma è anche convinto che solo uno dei tre sia autentico. Promettendogli un lauto compenso, manda Corso in Europa presso i collezionisti in possesso delle altre due copie per scoprire e identificare la copia autentica che gli permetterebbe di evocare il Diavolo in persona, dal momento che le incisioni in esso presenti sarebbero un riadattamento operato da Torchia a partire da quelle contenute nel Delomelanicon, un libro leggendario mai trovato e ritenuto opera di Lucifero stesso. La copia di Balkan era precedentemente appartenuta ad Andrew Telfer che si era suicidato (nella scena iniziale del film) poco dopo avergli venduto il libro. Prima di partire per la Spagna, Corso fa visita alla vedova Telfer la quale vorrebbe riavere il libro essendo stato originariamente comprato per lei. Corso rifiuta la proposta, ma la donna lo raggiunge al suo appartamento e, dopo averlo sedotto, lo colpisce e cerca il libro senza però trovarlo. Il socio in affari di Corso, Bernie, che aveva custodito il libro nel suo negozio, è rinvenuto assassinato e appeso per un piede a testa in giù come in una delle incisioni del libro. Corso raggiunge Toledo, in Spagna, e parla con i fratelli Ceniza, restauratori di libri, che gli mostrano come alcune delle incisioni siano firmate "LCF", riferimento a Lucifero. Corso prosegue per Sintra, in Portogallo, e incontra Victor Fargas, la cui copia del libro differisce leggermente, proprio nelle incisioni, da quella in possesso di Balkan. Mentre Corso lascia la villa di Fargas, la guardia del corpo della Telfer tenta invano di ucciderlo, ma interviene in suo soccorso una misteriosa ragazza che Corso aveva già incontrato in altre situazioni. La mattina dopo Corso è svegliato nuovamente dalla ragazza e insieme tornano alla villa di Fargas per scoprire che il proprietario è stato assassinato e il libro bruciato, ma privo delle incisioni. Corso si sposta quindi a Parigi per incontrare la baronessa Kessler e studiare la sua copia delle Nove Porte. Anche qui trova differenze nelle incisioni, ma prima di andare via viene colpito alla testa. Al suo risveglio la lussuosa dimora della baronessa è in fiamme e la stessa proprietaria è stata strangolata. Anche in questo caso la copia delle Nove Porte è andata distrutta, tranne le incisioni. Corso capisce che le tre copie erano tutte autentiche e che ognuna conteneva incisioni firmate "LCF". Tornato all'hotel, scopre che la sua copia delle Nove Porte è stata portata via dalla Telfer e, accompagnato ancora una volta dalla misteriosa ragazza, insegue la vedova fino a una grande villa fuori città. I due scoprono che la Telfer e altri adepti stanno per celebrare un rituale. Durante la celebrazione irrompe improvvisamente Balkan che, dopo aver affermato di aver compreso il segreto delle Nove Porte, uccide in una colluttazione la vedova Telfer. Balkan scappa verso un castello e, poco prima di effettuare il rituale di apertura della nona porta, viene interrotto da Corso. Tuttavia il bibliofilo immobilizza Corso e procede con il rituale: descrive il cammino delle nove porte e si dà fuoco, ma qualcosa non funziona e mentre sta per morire avvolto dalle fiamme Corso lo finisce con un colpo di pistola. Corso esce dal castello in fiamme e viene fermato dalla misteriosa ragazza con cui si abbandona a una notte di sesso. Il mattino seguente i due lasciano il castello ma, durante una sosta, la ragazza scompare dopo aver lasciato sul parabrezza dell'auto un messaggio con scritto "Fratelli Ceniza". Corso torna al negozio di Toledo, dove però i due non ci sono più. Mentre degli operai portano via gli ultimi oggetti del locale, da un armadio cade un foglio e Corso scopre che si tratta della vera nona porta, raffigurante la misteriosa ragazza da lui incontrata sullo sfondo del castello all'alba. Nell'ultima scena Corso si reca al castello all'alba e varca la porta avvolto dalla luce per ricevere il dono che è stato negato a Balkan.
(Wikipedia)


Il libro immaginario protagonista del film è chiamato "De Umbrarum Regni Novem Portis", ovvero "Le Nove Porte del Regno delle Ombre" e, sarebbe utile sapere fin dall'inizio che il viaggio rappresentato nelle incisioni inizia nel Regno delle Ombre (Regno dell’Ego/Regno della Materia), che è il modo in cui viene percepito il mondo cui viviamo, “Le Nove Porte” rappresentano le tappe che devono essere attraversate durante il viaggio verso il Regno della Luce (Regno dello Spirito). La maggior parte dei proprietari dei libri o ricercatori presenti nel film, non comprende mai questo aspetto e infatti credono esattamente il contrario, ed è questa mentalità che almeno in parte è responsabile ad attirarli verso i loro rispettivi macabri destini.

Esistono tre varianti di un antico libro chiamato “Le Nove Porte del Regno delle Ombre”. Ogni libro contiene nove iscrizioni. Tre differenti iscrizioni in ognuno dei tre libri sono firmate LCF, ovvero Lucifero (dal lat. lucĭfer ‘portatore di luce’). Sei sono firmate AT, cioè Aristide Torchia, l’autore fittizio del libro. Le nove iscrizioni tracciano il percorso che conduce dentro o fuori dal Regno delle Ombre. Attraverso le differenze delle immagini simboliche, raffigurate nelle incisioni, che intercorrono tra AT e LCF si decodifica il mistero. Per risolvere questo genere di rebus ricorreremo agli insegnamenti tramandati dalla Gematria, una scienza teologica cabalistica che permette di comprendere molti messaggi a noi tramandati in forma codificata in cui tutte le frasi, parole o lettere vengono ricondotte ad un numero, che può essere utilizzato per decifrare tutte le parole scritte nella Torah, dove:

"Persino gli errori grammaticali sottintendono che un messaggio è nascosto in quel preciso passaggio".
 (Arie Ben Nun)

La porta rappresenta il limite tra un mondo e l’altro; è un luogo di transito pericoloso, ma necessario per accedere ad una dimensione altra e nuova. La porta è aperta o chiusa all’uomo dal volere del fato che gli consente o vieta l’accesso a una diversa dimensione. L’ingresso è consentito o negato da una volontà superiore imperscrutabile. Il Guardiano delle Porte impedisce o permette l’entrata a coloro ai quali è interdetto. L’oltrepassare la soglia è anche atto di penetrazione in uno spazio protetto e riservato solo ai “qualificati”. Ogni xilografia è accompagnata da un ordinale romano, dal suo corrispondente ebraico, greco e da una frase latina in forma abbreviata.



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 DE VMBRARVM REGNI 
NOVEM PORTIS

di Frank Tudisco





otto il titolo, la marca tipografica, ovvero il marchio che rappresenta la firma dello stampatore. Consiste in un albero con un ramo schiantato da un fulmine, ed un serpente avvolto intorno alla base del tronco divora la sua stessa coda. L’incisione è accompagnata dalla divisa Sic Luceat Lux: "Così Splenda la Luce". A piè di pagina, luogo, nome e data: Venetiae, apud Aristidem Torchiam. "Stampato a Venezia, in casa di Aristide Torchia". Sotto, separato da una riga bianca: M. DC. LX. VI. ovvero "1666" in numeri romani. Cum superiorum privilegio veniaque. "Con privilegio e licenza dei superiori". 
La nube simboleggia il principio creativo invisibile dell’unità, cui discende nella dualità sino a divenire materia tangibile. Racchiude perciò il fondamento originale e illusorio da cui scaturisce la Magia.



“Il visibile è manifestazione dell’invisibile”. 
(Eliphas Levi)

La folgore apre il cielo e svela l’illusione che tutto sia come lo abbiamo sempre creduto. La fessura squarcia lo spazio e rende visibile il luogo nero nel quale le forme di materia si rivelano illusorie, mere percezioni oculari. L’illusione è credere che la realtà sia solo la limitata porzione che ne percepiamo, ma solo con l’esperienza della divisione ci è possibile comprenderne l’Uno. La coscienza iniziale, dividendosi, crea una dualità necessaria per consentire all’Essere, scaturito da tale divisione, di scegliere cosa fare, se andare avanti o indietro, in alto o in basso, a destra o a sinistra; il libero arbitrio che si può ottenere solo quando v’è una polarità positiva (+) o negativa (-). Senza la dualità si percorrerebbe un solo e unico senso, che non consentirebbe il libero arbitrio. Tutto ciò è compreso nel mito. Tornando al fulmine, ora c’è la sua luce per chi vuol vedere. Si ritiene che esso rappresenti un duplice potere di produzione e distruzione; volendo si potrebbe dire potere di vita o di morte. Esso è la forza che produce tutte le condensazioni e le dissipazioni che la tradizione estremo-orientale riferisce all’azione alternata dei due principi complementari Yin e Yang e che corrispondono anche alle due fasi dell’espirazione e dell’aspirazione universali. Ciò che la dottrina ermetica da parte sua chiama “Solve et Coagula”, ovvero soluzione e coagulazione.  





L’albero rappresenta la verticalità, cioè l’elevazione dalla terra al cielo e, al contempo, il costante esasperato antagonismo tra il terreno ed il celeste, tra il materiale e lo spirituale. Coloro che hanno familiarità con gli insegnamenti di base della Qabbalah riconosceranno questo come un riferimento al diagramma cabalistico chiamato "Albero della Vita". Il diagramma è composto da dieci centri circolari chiamati “sephirah" (singolare) o “sephiroth” (plurale). Questi sono collegati da 22 percorsi, ognuno dei quali corrisponde a una delle 22 lettere dell'alfabeto ebraico e ad ognuno dei 22 Trionfi degli Arcani Maggiori dei Tarocchi. Ogni sephirah dell’Albero è correlata a uno stato di coscienza umana e le nove “porte" del libro corrispondono a specifici punti di transizione che il singolo viaggiatore incontra nel suo percorso di evoluzione della coscienza lungo l’Albero sefirotico. Egli "ascenderà" da uno stato di consapevolezza dell'Io minimale che è rappresentato alla base dell'Albero, per poi alla fine raggiungere il Regno dello Spirito, contraddistinto dalla visione della Luce proprio in cima all'Albero, l'apertura della Nona Porta






Per meglio comprendere l'Albero cabalistico della Vita, riteniamo necessario e di rilevante importanza citare la Tetraktys pitagorica. La formula della 'tetrattide', contenente sia l'origine creativa che il successivo sviluppo scaturito nella manifestazione, si esprime numericamente in: 1 + 2 + 3 + 4 = 10, mostrando la relazione che unisce direttamente il denario al quaternario
Se disponiamo i numeri seguendo lo schema riportato in basso, assegnando ad ogni numero un punto, otteniamo dieci punti (denario) e quattro righe orizzontali (quaternario).  


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Nella Qabbalah ebraica il denario è caratterizzato dalle 10 sephiroth che strutturano il diagramma dell'Albero della Vita allo stesso modo inserite all'interno dei quattro "mondi", dunque il quaternario: 

Atziluth (Emanazione), Regno dello Spirito, composto dalle sephiroth Kether, Chokmah e Binah;  

Briah (Creazione), Regno dell'Anima Superiore, composto dalle sephiroth Chesed, Geburah e Tiphereth;

Yetzirah (Formazione), Regno dell'Anima Inferiore, composto dalle sephiroth Netzach, Hod e Yesod

Assiah (Azione), Regno della Materia, composto dalla sephirah Malkuth.






Il processo matematico sintetizzato nella formula numerica della tetrattide, mostra come l'unità ha prodotto il binario mediante la propria polarizzazione, si ha immediatamente per ciò stesso il ternario; e la sua rappresentazione geometrica è evidente: 1 corrisponde al vertice del triangolo, 2 agli estremi della base e, il triangolo medesimo, nel suo complesso, è naturalmente la figura del numero 3 (primo triangolo piccolo in alto della schema raffigurato in basso). Se si considerano poi indipendentemente i tre termini del ternario, la loro somma dà il terzo numero triangolare: 1 + 2 + 3 = 6; essendo questo numero senario il doppio del ternario, si può dire che esso implica un nuovo ternario, riflesso del primo, come nel ben noto simbolo del Sigillo di Salomone. Continuando la serie, si ha, per il quarto numero triangolare, 1 + 2 + 3 + 4 = 10, cioè il Tetraktys; e si vede così che il quaternario contiene tutti i numeri, giacché contiene il denario. Uno ha prodotto due, due ha prodotto tre, tre (Ain, la Triade Superiore), ha prodotto tutti i numeri, il ché equivale ancora a dire che tutta la manifestazione è avvolta nel quaternario, o, inversamente, che esso costituisce la base completa del suo sviluppo integrale. Se infine contiamo i triangoli più piccoli presenti all'interno della piramide creata per mezzo della tetrattide, noteremo che sono nove triangoli e che tutti insieme costituiscono il triangolo maggiore, l'Uno. La totalità dell'Uno, il Principio Superiore, è sintetizzato invece dalla prima sephirah, Kether (Corona), dell'Albero sefirotico, mentre le altre "nove", le dimensioni necessarie da attraversare per accedervi, ovvero Le Nove Porte.     








La polarità che si esprime nel binario è la matrice originale della dualità. Se osserviamo le due estremità del binario, figurano due punti che saranno attraversati da una sola retta. La retta rappresenta l'Axis Mundi, ovvero l'Asse del Mondo che può essere salita o discesa, percorsa in avanti o indietro, da destra a sinistra e viceversa; ecco rivelato il libero arbitrio. Questa è la ragione fondamentale per cui il simbolo, per essere degno di tale appellativo, deve necessariamente contenere due significati opposti e allo stesso tempo complementari, come (+) e (-), positivo e negativo, bene e male, bianco e nero, luce e oscurità, giorno e notte, sole e luna, cuore e cervello, spirito e materia, Solve et Coagula. Il principio originario di tutte le sephiroth è dapprima discendente, poiché dall'emanazione si passa alla creazione, alla formazione e infine alla manifestazione, poi ascendente nella fase in cui il terrigeno ambisce il ritorno all'origine; il viaggio di ritorno che parte dal Regno delle Ombre per ricongiungersi al principio creativo, all'Uno, il Regno della Luce.   

Il serpente racchiude in sé l'energia, che si propaga lungo i 22 sentieri che attraversano le 10 sephiroth e infonderle di luce, accenderle, illuminarle. Dall'Unità Superna rappresentata dall'ouroboros, passando per il principio binario, la dualità del processo complementare creativo e distruttivo, la cui testa ha necessariamente bisogno di mordersi la coda per alimentarsi, poiché non v'è altra forma di sussistenza al di fuori di Sè, il serpente stesso, l'Uno, un agente autosufficiente che si rigenera autonomamente.







Il ramo, in quanto porzione dell’albero, racchiude la sua forza vitale. Anch’esso infatti nutrito dalla linfa che sale dalle radici, si protende verso l’alto. Un ramo sarà dunque la bacchetta magica nella quale è contenuta la scienza della terra e del cielo. Uno strumento sacro al Mago, colui che indaga nelle profondità ignote della coscienza, che svela il segreto indomito delle leggi naturali, e rivelarne il mistero.       

Con questi preliminari stabiliti, possiamo ora iniziare il viaggio simbolico del Sentiero del Serpente o Sentiero del Ritorno, dal punto più basso dell'Albero della Vita nel Regno della Materia, sino al punto più alto nel Regno dello Spirito, un viaggio che inizia con l'apertura della PRIMA PORTA…


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PORTA  PRIMA
ARCANI VMBRARUM REGNI
APVD  Aristidem  Torchiam

DE  Virtute  et  Pietate
Eicaciter   atque
omnino  Corrupta



"La chiave è elementare, le abbreviature sono simili a quelle utilizzate negli antichi manoscritti latini. Nella prima tavola, il senso è evidente per chi conosce un po’ il linguaggio ermetico. SI.VM E.T AV.VM. È, naturalmente, SILENTIUM EST AUREUM. “Il silenzio è d’oro”. Tuttavia nella tavola originale del libro troviamo anche un’altra scritta: NEM. PERV.T QUI N.N LEG. CERT.RIT. Cioè: NEMO PERVENIT QUI NON LEGITIME CERTAVERIT. “Nessuno che non abbia combattuto secondo le regole vi giunge”. 
                                                                                                  (Baronessa Frida Kessler)


"Un cavaliere si dirige verso una città fortificata. Un dito sulla bocca consiglia prudenza o silenzio."
                                                                                                                    (Liana Telfer)




AT.  LCF.
                                                                                                                                       


artendo dai simboli che non differiscono tra le due versioni, abbiamo un cavaliere che ci comunica l’idea di star seguendo una pista, che suggerisce anche tutte le alte qualità morali che associamo alla cavalleria ideale. Sta montando un cavallo, cui simbolo ci riconduce ad un animale utile o in contatto con il proprio istinto, quel senso intuitivo che, nel caso ci si perda, riconosce la strada di casa. Il cavallo ha il potere magico di cavalcare in tutti i mondi per questo Odino lo monta quando deve recarsi nel regno dei morti. La capacità del cavallo di passare dall’una all’altra dimensione ne fa un animale iniziatico che accompagna il cavaliere negli altri mondi. Si scrive "cavallo", ma si legge Qabbalah. È una parola ebraica che indica lo studio dei significati nascosti dei testi sacri e gli ermetisti la usano per indicare il loro linguaggio segreto. Quindi, cavallo significa linguaggio segreto e cavalieri sono coloro che lo conoscono e lo parlano. Il cavaliere è una figura alla quale viene affidata una missione superiore per importanza in qualsiasi compito quotidiano; un personaggio la cui azione deve essere nobile e regale, incidere sugli eventi e dominarne il corso. Ha grandi piume sul suo elmo, apparentemente pennacchi di struzzo, che nel simbolismo dell'araldica rappresentano calma e obbedienza. Una piuma simile appare nel copricapo del Matto in alcune versioni dei Tarocchi. Il pennacchio di struzzo era anche la piuma della dea egizia Ma'at, associata alla giustizia e alla verità. Nel mondo sotterraneo, Ma'at pesava il cuore del defunto controbilanciandolo a questa piuma, e solo il cuore che era alleggerito dal peso del peccato materiale, sarebbe sfuggito dall’essere divorato da Ammit, il dio dalla testa di coccodrillo. L’elmo, possiede una simbologia bivalente, può nascondere o rivelare l’essenza di chi lo indossa, proteggendo la propria identità. L’atto di indossare la corazza, che assicura protezione, rappresenta la matrice in cui egli difende la propria integrità.   

L’essenza del viaggio non è spostamento, ma allontanamento. Esso è un periodo naturale di assenza, di esperienza, di rigenerazione. Il viaggio è avventura e ricerca, distacco dalle consuetudini, perciò occasione di prova iniziatica nel contatto con una realtà diversa e imprevedibile. Il viaggio devolve saggezza, poiché se correttamente condotto porta alla scoperta del centro spirituale del proprio essere che coincide con quello del mondo.

“Rivolto all’adepto consiglia il silenzio con un dito sulla bocca... È il “tacere” dei filosofi dell’arte occulta.”
(Baronessa Frida Kessler)

“Il silenzio è d’oro” e “La parola d’argento”. Il silenzio è l’attenzione concentrata sull’ascolto di un messaggio divino, di un suono sacro che attiri a sé ogni capacità uditiva. Nelle pagine della Bibbia il sostantivo “silenzio” e il verbo “tacere” ricorrono oltre un centinaio di volte. Il contesto in cui queste parole vengono usate rivela che rimanere in silenzio è un pregio sotto almeno tre aspetti:

Alle adunanze è importante saper ascoltare ed imparare;
Quando veniamo insultati, il silenzio è spesso la risposta più opportuna;
Il silenzio favorisce la meditazione.








Sullo sfondo appare una città fortificata in cima ad un’altura. Una concezione simbolica comune a molti popoli è quella che la terra, là dove si innalza, viva. Simbolo d’una primitiva differenziazione nelle forme della materia, la collina o la montagna non solo conservano il ricordo del potere divino che le distinse dalla piana sconfinata delle origini, ma vivono per la presenza di esseri sovrannaturali, Elfi e Nani che trovano in esse la loro dimora. Il castello, che è la destinazione, ci lascia simbolicamente intuire la presenza di un tesoro nascosto e protetto tra le mura. La porta è chiusa, bisogna aprirla. La conquista del tesoro da parte dell’eroe sarà dunque conquista di saggezza; esso infatti rappresenta altresì l’essenza divina celata nell’interiorità dell’animo e della quale si ottiene il possesso ed il dominio solo grazie ad un difficile processo di evoluzione spirituale. La sua conquista deve perciò avvenire mediante delle prove e delle lotte che rappresentano la capacità del cavaliere di affrontare i propri istinti regressivi e oscuri.   

AT. Il cavaliere conduce al castello con quattro torri-
LCF. Il cavaliere conduce al castello con tre torri-

La variazione dell'incisione in termini di numero delle torri del castello, dirige la nostra attenzione sulla differenza di significato simbolico tra i numeri tre e quattro. La distinzione classica è tra il livello trascendente o spirituale della realtà e il livello mondano o materiale. La divinità è spesso espressa come una trinità, la Santa Trinità, la Grande Triade; simbolo nell'Albero della Vita, delle prime tre sephiroth o centri di energia della parte superiore dell'Albero (la Triade Superna). 
Il numero quattro riflette le qualità del mondo creato: le quattro direzioni, le quattro stagioni e i quattro "elementi" classici: Fuoco, Aria, Acqua, Terra. Ci sono anche quattro dimensioni per tutto ciò che siamo capaci di sperimentare nel mondo materiale: le tre direzioni spaziali: lunghezza, larghezza e altezza, più il tempo. Il triangolo insieme al quadrato, suo corrispettivo geometrico, è il simbolo della manifestazione spaziale, e dell’ordinamento della materia. La manifestazione ordinata di ciò che è terreno rispetto a ciò che è celeste. Il pieno possesso della vita e del mondo. Nella versione LCF della Prima Porta, il cavaliere si dirige verso un castello con tre torri, ovvero un'indicazione simbolica che il tesoro di cui è in cerca, non è un tesoro materiale/mondano, ma trascendente/spirituale.

L’obiettivo nel primo caso è di tipo materiale, piuttosto che per l’altro che è spirituale. 
Quindi, fin dall'inizio, la Prima Porta riassume che l’obiettivo finale può essere sia materiale che spirituale, a seconda di quale percorso si è intrapreso. L’iscrizione consiglia ai ricercatori che vogliono aprire la Prima Porta verso il cammino della Verità, di seguire le Leggi della Scienza Sacra con devozione e rispetto; summa rimanere imprigionati nel Regno delle Ombre, dell’ignoranza e dell’egoismo.  




Il gesto del "Silenzio" è un promemoria per gli apprendisti delle tradizioni di saggezza spirituale e non tutti generalmente sono preparati a comprenderne correttamente gli insegnamenti. Nel contesto del viaggio lungo l'Albero della Vita, coloro la cui coscienza è ancora dominata dalla prospettiva dell'ego, rappresentata nei livelli più bassi dell'Albero, interpreterà tutto in funzione della visione stessa dell'ego. Assumeranno quindi che l'obiettivo della ricerca coinvolga il profitto personale e il potere sugli altri; a meno che l’apprendista è abbastanza fortunato da avere un insegnante qualificato, un Magistro, che lo aiuti ad evitare questo punto di vista distorto. Le iniziazioni misteriche sono tradizionalmente pensate per coloro che sono già disillusi dalla visione del mondo materiale dell'ego e che sono pronti a perseguire il tesoro spirituale che si trova lungo il sentiero "ascendente" dell'Albero. Nel film e nel libro, praticamente tutti i personaggi tranne Corso, hanno qualcosa da dire sulle proprie idee illusorie, su cosa significano le incisioni, ma è solo Corso che, con l'aiuto della ragazza (Mercurio filosofico), conduce serenamente il vero viaggio e alla fine riesce.

Quindi tornando alla Prima Porta. Per quanto riguarda l'idea che è necessario combattere "secondo le regole", non tutti i cavalieri sono virtuosi e, per chi è alla ricerca di un tesoro materiale e di un potere terrigeno (la versione di Torchia dell'incisione mostra un castello con quattro torri), o per chi fosse un membro di qualche organizzazione segreta i cui obiettivi siano altrettanto materialistici; è possibile che secondo "le regole" cui tale persona vivrebbe, potrebbe essere perfettamente accettabile persino lasciarsi dietro una scia di cadaveri o commettere sacrifici umani (v. Boris Balkan).

In termini di simbolismo della Prima Porta, Balkan è ovviamente immesso sulla strada descritta nell'incisione di Torchia e, in base alle decisioni che prende nel corso del film, è chiaramente convinto che seguire il suo libro delle regole personali è il modo di "vincere". Ma come avverte il motto della prima incisione, “se si contende illegalmente, non si raggiungerà il vero obiettivo della ricerca”. Tali regole sono da riferirsi dunque alla Legge Naturale, la Scienza Sacra, quella da cui deriva la Filosofia Occulta

La Prima Porta può essere associata alla sephira più bassa dell'Albero, Malkuth, noto anche come Regno, il regno materiale. 

Coloro che seguono il percorso simboleggiato dalla versione AT dell'incisione cercheranno qui il loro tesoro materiale. Coloro che seguono la versione LCF guarderanno alla cima dell'Albero come l'obiettivo della loro “Missione” che ci conduce alla successiva incisione, la SECONDA PORTA...




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PORTA  SECVNDA
ARCANI VMBRARUM REGNI
APVD  Aristidem  Torchiam

DE  Clave Vnica quæ
Portam Scientiæ
Aperit



"L’epigrafe è CLAUS.PAT.T. Ovvero, CLAUSAE PATENT, “Aprono quanto è chiuso”, le porte chiuse. Un eremita davanti a una porta chiusa. Una lanterna per terra e due chiavi in mano. Lo accompagna un cane. Al suo fianco un segno simile alla lettera ebraica Teth.
(Baronessa Frida Kessler)



AT.    LCF.
                                                                                                                                       

                    
nalizzandola attentamente, l'incisione mostra una figura riconoscibile come L'Eremita, il Nono Trionfo degli Arcani Maggiori dei Tarocchi. Sta in piedi davanti a una porta chiusa con due chiavi in mano. La sua lanterna accesa è a terra di fronte a lui e, un piccolo cane nero lo guarda alla sua sinistra. La lettera ebraica Teth (valore numerico = 9) appare accanto alla testa dell'Eremita. È interessante notare che questa è l'unica porta tra tutte quelle raffigurate nelle incisioni, che abbia un batacchio di forma circolare, che simboleggia lo Spirito. Il battitore suggerisce l'attività di ricerca interiore in cui è impegnato l'Eremita. “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto, perché chiunque chiede riceve; colui che cerca trova, e a colui che bussa sarà aperto.” 
                                            (Matteo 7: 7-8)

Iniziando dapprima con il simbolismo che rimane immutato in entrambe le versioni delle incisioni, abbiamo la figura dell'Eremita dei Tarocchi, distinto da due attributi tipici tradizionali. Il primo, è la sua lanterna che brucia sempre anche alla luce del giorno. Questa, simboleggia lo sviluppo di una comprensione che illumina la vera natura delle cose, anche quelle che si pensa di aver già distinte chiaramente alla luce della coscienza ordinaria, ma non lo erano. 

“Appartiene al filosofo Diogene, che tanto disprezzava i poteri temporali da chiedere al potente Alessandro un’unica grazia, di non fargli ombra, di farsi da parte perché gli copriva il sole, la luce.”
(Baronessa Frida Kessler)






Il secondo, è un attributo simbolicamente rappresentato anche come un serpente. L’Eremita dei Tarocchi infatti, molto simile a questo, a volte è accompagnato da un serpente o da un bastone che lo simboleggia. Il serpente è un simbolo della ricerca della conoscenza e della saggezza, nonché della kundalini che, rivolta verso l'interno e verso l'alto, potenzia la ricerca interiore. In un primo momento sembra che il bastone/serpente manchi in questa incisione, ma in realtà è presente nella forma della lettera ebraica Teth. Le lettere ebraiche hanno significati individuali e Teth significa proprio "serpente". 







“Nella filosofia occulta, il serpente e il drago sono i guardiani del recinto meraviglioso, del giardino o del vello d’oro, e dormono con gli occhi aperti. Sono lo Specchio dell’Arte.”
(Baronessa Frida Kessler)

Poiché le lettere ebraiche vengono lette da destra a sinistra, se guardiamo la forma di Teth, vedremo non solo che assomiglia a un serpente, ma che riflette la verità che il primo movimento nell'ascesa verso Dio, è un movimento interiore, una conoscenza di Dio nel cuore del nostro essere "Il Regno dei Cieli è dentro di te". Teth, è un’attribuzione propria allo stadio di discepolato che simboleggia con l'Eremita, un periodo di tempo in cui l'attenzione e l'energia devono essere ritirate dall'impegno ordinario con il mondo esterno e rivolte verso l'interno in una ricerca di significato interiore e conoscenza del sé. La sua folta barba, è simbolo di virilità e coraggio, ma anche misura di saggezza, che va aumentando con l’avanzare della vita, per la sua crescita costante e il progredire della sua lunghezza.
  



“Al suo fianco lo stesso cane nero che, secondo la leggenda accompagnava Agrippa. Il cane fedele… Da Plutarco a Bram Stoker e al suo Dracula, senza dimenticare il Faust di Goethe. Il cane nero è uno degli animali preferiti dal diavolo per reincarnarsi…”
(Baronessa Frida Kessler)

La simbologia prevalente nel mondo in tutte le tradizioni è quella di uno spirito custode che tiene l’uomo lontano dai pericoli e insieme presagisce e annuncia gli eventi. Esso è dunque un animale che “sta di guardia”. Questa funzione si esplica innanzitutto, nella custodia dei regni cui è estremamente pericoloso accedere. Se il cane risulta essere in qualche modo legato al Regno degl’Inferi, in ordine discendente, allora il suo “contrario”, in ordine ascendente, dovrebbe allo stesso modo rappresentare il “Regno della Luce”. Sorprendentemente, la lingua inglese fornisce un’analogia con questa intuizione; il termine dog, “cane”  si tramuta in God, “Dio”, se invertito. La similitudine, o meglio, la funzione di tramite interposta tra il “fedele amico dell’uomo” e “Dio”, è maggiormente comprensibile nella mitologia tradizionale. Anubi, antica divinità egizia, aveva l’aspetto di un cane dal manto rossiccio e solo in seguito, durante il Nuovo Regno, prevalse la consuetudine di ritrarlo in sembianze antropomorfe con il corpo di un uomo e la testa di un canide. Uno dei suoi compiti era quello di guidare le anime nel cammino verso l’Aldilà e condurle al cospetto di Osiride, nella Sala del Giudizio. Anubi era beffardamente chiamato, dai Greci, abbaiatore, mentre il poeta latino Virgilio (Eneide VIII, 698) lo chiama latrator Anubis, abbaiatore Anubi. In altre occasioni era comparato alla stella Sirio, al dio Ade o al cane a tre teste Cerbero, guardiano degli inferi. La radice semitica da cui deriva la parola “cane”, è klb, da cui il sostantivo ebraico keleb, composto dai termini  כָּל (kal, "intero", "tutto") e לֵב (lev, "cuore"). L’assenza di una precisa vocalizzazione del termine keleb ha consentito libere interpretazioni del termine, come il nome biblico Chelub, con la u in luogo dell’originaria e finale, la cui traslitterazione greca è Kolub, Koloub o Koleb; Chelub è la variante meno nota di Caleb o Kaleb, nome molto diffuso nei Paesi anglofoni, il cui significato è ancora “cane”. Kaleb è anche il nome di un solenne raduno che i rabbini celebrano ogni 100 anni ed è indicativo che il verbo latino “celebro” tragga origine dallo stesso gruppo consonantico. Inoltre, Caleb è uno dei nomi di Sirio in lingua ebraica e siriaca: poiché la stella principale della costellazione del Canis Majoris, Sirio è nota in inglese come the Dog Star, la “Stella del Cane” e, per la stessa ragione, una delle sue denominazioni in arabo è Al Kalb al Akbar, il “Cane (Kalb) Grande (Akbar)”. 





In cauda venenum, la Sfinge, nella Piana di Giza, simboleggia un canide accovacciato, che funge da cherubino, custode sia della Piramide di Cheope, ove giacciono le spoglie del Dio Osiride, che del suo corrispettivo celeste Sirio, la Stella del Cane. Il Cherubino è un tipo di angelo, presente, in ordine storico, nell'Ebraismo e nel Cristianesimo. Il termine deriva dall'ebraico כְּרוּב, keruv, ma la sua etimologia risalirebbe all'accadico Karabu, che significa “pregare” o “benedire”.  Il cherubino serviva da intermediario per destinare le preghiere degli umani agli déi. Anche se l’analisi etimologica non ci aiuta, possiamo quantomeno riscontrare una similitudine fonetica nell’insieme di quei nomi che condividono lo stesso gruppo consonantico: Cane, cuore, Cerbero, cerebrale, Cherubino. Ciò che stiamo tentando di dimostrare è che, nella simbologia del cane, esiste un’analogia tra il cuore e il cervello. Infatti, entrambi costituiscono due caratteri opposti dell’intelletto umano. L’intelletto puro, che risiede nel  cuore, e la ragione, capacità logica del cervello di discernere e formulare il pensiero. Questa dualità intrinseca dei due organi principali, sottintende un’analogia legata all’Axis Mundi, che cercheremo di snocciolare meglio nelle prossime iscrizioni. Tornando al cane, possiamo aggiungere tuttavia che, nonostante il suo aspetto terrificante, il cane nero incarna un’accezione tutt’altro che nefasta; proprio come farebbe un amico fedele, protegge il suo padrone dalle aggressioni nel piano fisico, così protegge l’anima del defunto nel piano spirituale e guida con sicurezza l’anima nell’altro mondo. Esso simboleggia una forma addomesticata e utile dei nostri istinti animali, che possono "annusare" e avvertire il pericolo, difenderci lealmente da potenziali aggressori, stroncare le nostre gambe se non manteniamo il passo e tenerci in riga, toccando il nostro lato psicofisico e sentimentale quando siamo in pericolo. Infatti, L’Eremita, oltre alla più alta conoscenza e saggezza di cui è alla ricerca, deve anche reintegrarsi e tornare in contatto con la sua psiche cosciente, i suoi istinti animali utili, che simboleggia il piccolo cane.

Le due chiavi nella mano dell'Eremita appaiono anche in alcuni dei principali trionfi dei Tarocchi, una delle quali è tradizionalmente oro e l'altra argento. Nella simbologia alchimica, argento e oro, entrambi riflettono luci differenti, una emozionale e l’altra spirituale. Questo simbolismo è parallelo ad altre polarità come Sole/Luna e maschile/femminile e, indica che l'Eremita deve raggiungere una sintesi equilibrata di intelletto e sentimento, di percezione sia sinistra che destra e deve rimanere aperto sia spiritualmente che mentalmente per ricevere ispirazione sia dal superconscio che dal subconscio, se vuole sbloccare le porte che conducono alla vera saggezza. Inoltre, simbolicamente parlando, la figura dell’Eremita, è in perfetta sintesi con un’altra figura tradizionale, quella di Giano, che porta due chiavi. 






Ianus deriva dalla radice indoeuropea y-a, da cui il sancrito yana (via) e il latino ianua (porta). Le chiavi sono quelle delle due porte solstiziali, Ianua Coeli e Ianua Inferni, che corrispondono rispettivamente al solstizio d’inverno e al solstizio d’estate, cioè ai due punti estremi della corsa nel ciclo annuale, poiché Giano, in quanto “Signore dei Tempi”, è lo Ianitor che apre e chiude questo ciclo – Ianitor, ianuarius (uscio) = Gennaio. D’altra parte era anche il dio dell’iniziazione ai Misteri, iniziatio deriva da in-re, “entrare”, il che si ricollega pure al simbolismo della porta. Dunque, siccome Giano era considerato il dio dell’iniziazione, le sue due chiavi, una d’oro e l’altra d’argento, erano quelle dei “Grandi Misteri” e dei “Piccoli Misteri”, per usare un altro linguaggio equivalente, la chiave d’argento è quella del “Paradiso Terrestre” e la chiave d’oro è quella del “Paradiso Celeste”. La chiave d’oro, la “Grande Guerra Santa”, per gli islamici rappresenta il potere spirituale “, e la chiave d’argento, o “Piccola Guerra Santa”, il potere temporale. Le due feste solstiziali relative a Giano, sono state poi rimpiazzate dai due “Giovanni” presenti nel calendario dei santi. Se Giovanni Battista, festeggiato il 24 giugno, si colloca all’interno del solstizio estivo, l'altro si colloca esattamente al suo opposto, attorno al solstizio invernale, ed è San Giovanni Evangelista festeggiato il 27 dicembre. Giovanni, deriva dall'ebraico Yehohannan composto da Yahweh (Dio) e da hanan, che ha duplice significato di misericordia e lode. Così Giovanni potrebbe voler dire sia "Misericordia di Dio" sia "Lode a Dio".






AT. L’eremita tiene le chiavi nella mano destra- 
LCF. L’eremita tiene le chiavi nella mano sinistra- 

Nell’Albero della Vita, il sentiero orizzontale di Teth collega la sephira Chesed (Misericordia) del Pilastro Destro o Boaz, della Misericordia, con la sephira di Geburah (Giudizio), talvolta chiamata anche Pachad, (Paura) nel Pilastro Sinistro o Jachin della Severità. Quando la figura umana è sovrapposta allo schema dell'albero sefirotico, il volto guarda verso di noi, come riflesso in uno specchio, in modo che la sephira di Chesed sia identificata con il braccio sinistro. Sebbene il Giudizio e la Misericordia costituiscano una polarità sull'Albero che deve essere correttamente bilanciata, la Misericordia è in realtà più in alto lungo l'Albero, in quanto è stata la prima energia incarnata creata o "emanata" dalla Triade Superna. Per mantenere un orientamento "ascendente" lungo l'Albero, per continuare a dirigersi nella direzione dello Spirito, una volta raggiunto un effettivo equilibrio operativo tra loro, alla Misericordia deve sempre essere dato il vantaggio sul Giudizio. Questo è un altro modo di esprimere la verità cristiana che Cristo non è venuto per corrompere la legge, ma per adempierla, per perfezionarla, legandola al contesto della Divina Misericordia o Amore.

Nel Canto IX del Purgatorio di Dante, l'angelo che custodisce la porta tra l'Inferno e il Purgatorio, usa queste stesse chiavi d'oro e d'argento per sbloccare la porta che Dante deve oltrepassare:  




(Dante Alighieri)
     


L’incontro con l’angelo a guardia della porta del Purgatorio avviene all’interno del rituale della confessione e della successiva penitenza. La Misericordia (v. 111) è la condizione necessaria a tutte le anime per entrare nel Purgatorio. Ma il Giudizio dato a un’anima è diverso da quello dato ad un vivo, dal momento che essa non può più ricadere nel peccato, come può invece succedere ad un uomo ancora mortale come Dante: di qui poi il monito a non volgersi indietro, una volta entrato. Subito, quindi, la porta viene aperta con due chiavi che l’angelo ha ricevuto in custodia da San Pietro: l’una è d’oro, e rappresenta il potere ricevuto da Cristo di assolvere i peccati; l’altra d’argento e, rappresenta la preparazione del ministro di Dio nel somministrare sapientemente la penitenza e il perdono. 

L'Eremita che tiene le chiavi nella mano sinistra simboleggia questa stessa preferenza necessaria per la Misericordia. In un contesto più generale, la mano destra può anche simboleggiare ciò che è già noto e consapevole e la sinistra ciò che rimane inconscio. La ricerca dell'Eremita lo porta in profondità nel regno del proprio inconscio e dell'inconscio collettivo dell'umanità. Il fatto che stia tenendo le chiavi nella sua mano sinistra indica anche che è il suo vero e più profondo intento cercare la verità e la saggezza autentiche e non solo per coltivare l'aspetto esteriore dell'essere sapienti.

La Prima Porta ha stabilito l'orientamento di base del discepolo verso obiettivi materiali o spirituali. La Seconda Porta è una sorta di "flash-forward" che mostra quale deve essere l'atteggiamento dominante della coscienza per riuscire nella ricerca. Per coloro che si ritroveranno ad un livello contiguo alla fine della ricerca, il concetto di Giudizio avrà una funzione più evoluta, dalla prospettiva dell'ego (ovvero il punto di osservazione che il nostro viaggiatore ha adesso), la versione dei simboli di Torchia, sottolineando il giudizio, rappresenta un atteggiamento egocentrico e competitivo. La sephirah del Giudizio è identificata con il pianeta Marte, con l'implicazione che, per poter vincere, tutti gli altri debbano perdere. Questa assunzione genera naturalmente paura (che qualcun altro otterrà, ciò che vuoi, per primo), rabbia (a chi crede di poter essere davanti a te o chi ti sta di fronte), e giudizio (una tendenza automatica a disprezzare e guardare dall'alto in basso gli altri e prendere su di sé il potere di condannare ed etichettare come "indegni" eventuali concorrenti o rivali). Questo rappresenta la versione AT delle chiavi tenute nella mano destra (braccio destro, Geburah). Non è molto difficile riconoscere che questa è la strada che ha preso Balkan.
La versione LCF, che tiene le chiavi nella mano sinistra, simboleggia un atteggiamento allineato con la sephira della Misericordia che riflette le qualità del pianeta Giove: uno spirito saggio, aperto, generoso, riconoscente che "siamo tutti nello stesso mare" e che, su un autentico percorso spirituale, il modo più sicuro per avere successo è fare del proprio meglio per aiutare tutti gli altri a riuscire insieme. Chesed è la sephira più alta nel regno di ciò che chiameremo “Anima” nel viaggio attraverso le porte. È la prima via che incontreremo che ci condurrà dal Regno dell'Ego al Regno dell'Anima, che sarà il soggetto della TERZA PORTA…

  




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PORTA  TERTIA
ARCANI VMBRARUM REGNI
APVD  Aristidem  Torchiam

DE  Voluptatibus
Immonditiæ ei
Obscenitatis



"Il motto è VERB. D.SVM C.S.T ARCAN. Cioè, VERBUM DIMISSUM CUSTODIAT ARCANUM. Lo possiamo tradurre con: “La parola perduta custodisce il segreto”. E l’incisione è significativa: un ponte, il collegamento tra la riva chiara e quella scura. Dalla mitologia classica fino al gioco dell’oca, il suo senso è ovvio. Può unire la terra con il cielo o con l’inferno, come l’arcobaleno. Naturalmente per attraversarlo bisogna prima aprire le porte fortificate che impediscono l’accesso.”
(Baronessa Frida Kessler)


“Un vagabondo, o un pellegrino, si dirige verso un ponte che attraversa un fiume. Una porta impedisce l’accesso al ponte, fortificato da ambedue le parti. Su una nuvola, un arciere punta la freccia verso la strada che conduce al ponte.”  
(Liana Telfer)




 AT.   LCF.
                                                                                                                                       



ocalizzando bene questa incisione, notiamo un viaggiatore che rassomiglia il Matto dei Tarocchi con il suo fagotto appeso al bastone che poggia sulla spalla, sta seguendo un sentiero che conduce a un ponte che collega le due rive di un fiume. Il ponte è notevolmente fortificato con una torre di guardia su ogni sponda. 
Sopra il ponte, adagiato su una piccola nuvola, vediamo un cherubino (che somiglia a uno dei gemelli Ceniza della versione cinematografica) con un arco e una freccia. L'arco è raffigurato con la freccia puntata verso il basso, apparentemente verso il lato vicino del ponte. 




Partendo dai simboli che rimangono identici in entrambe le incisioni, abbiamo il Matto dei Tarocchi che porta il suo tradizionale sacco sulle spalle. È un dettaglio interessante che Corso, non si vede praticamente mai senza la sua cartella. L’ordine degli Arcani degli antichi Tarocchi è segnato in cifre romane da I a XXI: poi viene un’ultima composizione che si distingue dalle altre per l’omissione d’ogni indicazione numerica. Il suo posto è il ventiduesimo, ma il suo valore simbolico equivale a 0 (zero). Il Matto è un personaggio che non conta affatto, in considerazione della sua inesistenza intellettuale e morale. Incosciente e irresponsabile, si trascina attraverso la vita da essere passivo, che non sa mai dove va e che si lascia condurre da impulsi irragionevoli. Il bastone che tiene nella mano destra, lo intralcia inutilmente, poiché egli non lo usa come appoggio per camminare o per sorreggersi e, meno ancora se ne serve, come l’Eremita (IX), per sondare il terreno su cui avanza. Con gli occhi aperti perduti tra le nuvole, l’insensato percorre la sua strada a caso, spinto dagli impulsi, senza chiedersi dove va. Con la mano sinistra, il Matto regge sulla propria spalla un randello dal quale pende una bisaccia contenente il suo tesoro di sciocchezze ed insanie. Lungo il suo cammino s’imbatte in un ponte turrita che attraversa il fiume. Sta viaggiando verso un ponte fortificato che suggerisce che il passaggio da un lato all'altro del fiume non sia possibile. 




Il fiume ha la funzione fondamentale di separare i mondi per impedire che l’ordine cosmico sia minacciato e che le potenze del male invadano il mondo degli uomini e degli dèi. Il passaggio dall’uno all’altro mondo simboleggia il trapasso a un diverso stato dell’essere. Quale sia la sponda del mondo celeste, lo suggerisce lo stormo di uccelli che vola sulla torre più alta. Come è intuibile, gli uccelli appartengono al mondo aereo assai più che a quello terrestre; sono perciò simbolo di liberazione dalla pesantezza della materialità e di elevazione. Col loro volo trascorrono nel cielo laddove hanno dimora gli dèi e conoscono perciò i segreti divini di cui si fanno messaggeri per gli uomini. Considerando che vi sono due torri, sarà necessario, per il viandante, passare attraverso un totale di “quattro porte” per compiere la traversata. Un cherubino tra le nuvole con una faretra a tracolla delle spalle, impugna una freccia rivolta verso il sentiero che conduce al ponte. L’arco è l’arma di Apollo e Diana, la luce del supremo potere. L’ira del dio o di Dio. È il nemico che tende l’agguato a chi attraversa il ponte. La freccia, al pari della lancia e della spada, che ne sono in definitiva equivalenti, sia talvolta assimilata al raggio solare. La lancia di Achille aveva il duplice potere di infliggere ferite e di guarirle.


Ci sono diversi indizi qui che ci dicono non solo che siamo nel territorio simbolico dell'Albero della Vita, ma anche esattamente in quale sephira, centro e percorso ci troviamo. Questo è un argomento complesso, ma cercherò di identificare solo gli elementi essenziali. 









Il cherubino (o Kerub) appartiene ad un “coro angelico” assegnato alla sephira Yesod, chiamata "Fondamento", ed è identificata con la natura sessuale del desiderio. Proprio come nell'incisione dell'Eremita, abbiamo scoperto che la mano sinistra è associata alla sephira Chesed (Misericordia) lungo il Pilastro Destro della Misericordia, la sephira di Yesod (Fondamento), lungo il Pilastro Centrale dell'Equilibrio, è associata ai genitali. Yesod, il regno della Luna astrologica, è associato alla sorella gemella del dio Sole/Apollo, la grande dea della luna Artemide/Diana, la cacciatrice selvaggia con il suo arco a forma di luna crescente. Yesod rappresenta il mondo inconscio, 'astrale', del sogno, del desiderio e della paura. 

“La paura attira i proiettili e il coraggio ne devia il cammino”. 
 (Paracelso)

Il cherubino angelico con l'arco è identico al classico Eros/Cupido le cui frecce feriscono il cuore con l’amore. Una volta che questa freccia trova il suo segno, l’amato, ovvero il destinatario che percepisce questo ferimento, diventa uno specchio in cui vediamo riflesse le qualità della nostra stessa anima. Nel perseguire l'amato, perseguiamo l'anima e, nel corso di questa ricerca siamo attirati "verso l'alto" dell'Albero, verso la sephira che è il punto centrale di equilibrio del Regno dell'Anima, Tiphareth, chiamato "Bellezza" e associato con “amore” e “cuore”. I simboli dell'arco e della freccia si riferiscono anche al Sentiero della Freccia. L'arco, visualizzato orizzontalmente verso l'alto al livello di Yesod, spara la sua freccia d'oro della Volontà, dritta attraverso il Pilastro Centrale dell’Albero, Colonna dell’Equilibrio del Regno dell'Anima, in direzione di Tiphareth, la sephira del Cuore. Questo, naturalmente, è il noto simbolismo di "San Valentino" nella sua forma precristiana. 

AT. C’è una freccia nell’arco-
LCF. Ci sono due frecce: una nell’arco e un’altra nella faretra- 

Dunque, c'è una seconda freccia nella faretra appesa alla spalla del cherubino. L’immagine LCF rimembra al ricercatore che ci sono due livelli di informazione o due possibili soluzioni. Una freccia è rivolta verso il basso, un’altra verso l’alto. Abbiamo visto che la freccia è stata identificata simbolicamente con la "volontà" e che ci sono potenzialmente due "frecce" in questo punto di transizione sul Velo di Paroketh. Se la freccia della volontà personale si allinea "al di sotto" dell'Albero, cioè perseguendo la ricerca materiale delle "quattro torri" della Prima Porta, e adottando la Pachad/Paura della “mano destra", atteggiamento di giudizio della coscienza della Seconda Porta; l'ego indurito non permetterà che il cuore venga ferito dalla freccia del cherubino dell'Eros. Senza questa ferita, la Forza dell'Amore che attira il viaggiatore "al di sopra" del Sentiero della Freccia verso la comunione con l'Anima, non può essere accesa e, il Velo di Paroketh non può essere trafitto; cioè, il ponte simbolico nell'incisione non può essere attraversato. Ricordiamo che la nuvola simboleggia la manifestazione dell’invisibile che diviene visibile o illusoria.
Infatti, il viaggiatore vedrebbe riflesso su di lui, nella barriera acquosa del Velo, un mondo illusorio corrispondente ai propri desideri e paure e al proprio sistema di credenze dell'ego. Tutta l'energia negativa che la sua volontà personale dirige verso l'esterno, si rifletterebbe e rivolterebbe contro di lui (freccia verso il basso). Ecco perché un'interpretazioni possibile dell'incisione va ritenuta come un avvertimento di "pericolo che discende dall'alto". Il vero pericolo viene dalle proiezioni violente dell'ego che, riflesso dal Velo, sembrano provenire dal "di sopra". Vediamo nel film che ancora una volta Balkan, procede fiduciosamente secondo la propria comprensione imperfetta, seguendo la versione della singola freccia di Torchia della Terza Porta. Nel processo lascia una scia di distruzione dietro di sé e alla fine distrugge sé stesso, il tutto senza mai lasciare il Regno illusorio dell'Ego.

Nella frase latina associata a questa Porta, che è stata tradotta come: "La parola perduta mantiene il segreto"; la parola "dimissum" (perduto) reca anche il significato di "abbandonato" o "lasciato indietro". C'è un altro caso simile di "parola perduta" nella tradizione massonica in cui, in termini di simbolismo legato all'Albero, il significato originale rappresentava l’adepto "perduto" o "lasciato indietro" sopra l'Abisso, e un nuovo adepto doveva essere sostituito al di sotto di esso. Questo perché la natura della realtà al di sopra dell'Abisso è così interamente 'alternativa' rispetto alla realtà sottostante, che non c'è semplicemente alcun modo di 'traslare' tra i due mondi senza il cambiamento radicale nella natura dell'essere che attraversa gli effetti dell'Abisso. Lo stesso vale per questa barriera "inferiore" tra ego e anima. Il potere di trafiggere il Velo viene da "sopra" ed è evocato dall'amore dell'Anima, che è rappresenta una realtà alla quale nessuna semplice "parola" (concetto dell'Io) può mai connettersi. È proprio questo regno di concetti e parole dell'ego, simboleggiato dalla sephira Hod (Mercurio) che è il soggetto della QUARTA PORTA…







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PORTA  QVARTA
ARCANI VMBRARUM REGNI
APVD  Aristidem  Torchiam

DE  Serpente Monstruoso
qui nunquam
Dormit




"Sotto, il motto: FOR. N.N OMN. A.QUE. Traducibile con: FORTUNA NON OMNIBUS AEQUE. “La sorte non è uguale per tutti”.
(Baronessa Frida Kessler)

“IIII. Il numerale latino figura così, e non nella sua forma corrente IV. Un buffone davanti a un labirinto di pietra. L’ingresso è sbarrato da una porta chiusa. Tre dadi per terra mostrano ciascuno tre facce, corrispondenti ai numeri 1, 2 e  3.” 
(Liana Telfer)




AT.   LCF.

                                                                                                                                       

“Il personaggio protagonista nella quarta incisione è il giullare medievale, il “Joker” dei mazzi di carte, il jolly. Simboleggia il destino, il caso, la fine di tutto o la conclusione attesa o inaspettata. Nel medioevo i giullari erano esseri privilegiati; venivano loro permesse cose vietate ad altri, avendo il compito di ricordare ai signori la loro condizione mortale e, che la loro fine era altrettanto inevitabile quanto quella del resto degli uomini. Qui dichiara il contrario, “La sorte non è uguale per tutti”. Chi si ribella, chi esercita la sua libertà e rischia, può guadagnarsi un destino diverso. È di questo che tratta il libro e, da lì il giullare, paradigma di libertà. L’unico uomo veramente libero e anche il più saggio. Nella filosofia occulta il giullare si identifica con il mercurio degli alchimisti. Hermes, messaggero degli dèi, conduce le anime attraverso il Regno delle Ombre. La porta d’ingresso è chiusa. Anche quella d’uscita. Tre dadi giacciono nel sentiero che lo precede; le facce visibili di essi sommano tre sei. 3 è il numero perfetto di Dio, mentre il 666 è un riferimento biblico per il Diavolo. Così come indica l’immagine, bisogna giocare secondo le regole del diavolo, il demiurgo gnostico. Sulla parete più lontana del labirinto c'è un arco che si apre verso l'esterno, la cui cima ha cinque merlature.” 
(Baronessa Frida Kessler)

i sono due figure nei Tarocchi che somigliano al giullare: il Matto, che abbiamo visto come il viaggiatore sul sentiero nell'incisione della Terza Porta e, il Mago, noto anche come il giocoliere o il baratto. Entrambi questi personaggi dei Tarocchi sono aspetti della figura archetipica conosciuta in astrologia come Mercurio (pianeta) e nell'alchimia come mercurio (metallo) o Hermes/Ermete. Nel simbolismo della Terza Porta, abbiamo percorso la via del Pilastro Centrale, dalla sephira Yesod (Regno dell'Ego) fino a Tiphareth (Regno dell'Anima). Nella Quarta Porta, abbiamo a che fare con Mercurio/Ermete, associato alla sephira Hod lungo Jachin, il Pilastro Sinistro della Severità, esattamente all'altezza del punto medio tra Yesod e Tiphareth, ma al di sotto del Velo di Paroketh. Hod (Mercurio) è associato alla Mente Inferiore ed è il polo sinistro di un asse orizzontale. L'estremità destra della polarità, sul Pilastro Destro della Misericordia (anche all'altezza del punto medio tra Yesod e Tiphareth), è la sephira Netzach (Venere), associata ai valori dell'Io e al Sentimento Inferiore.
Nel passaggio attraverso la Terza Porta, l'amore personale per un "amato" è stato il catalizzatore che ha scaturito la ricerca dell'anima, trafiggendo la barriera tra ego e anima: rappresentato dal ruolo del Regno di Netzach (Venere) o Sentimento Inferiore, nel progresso ascendente lungo l'Albero della Vita. Ora nella Quarta Porta, arriviamo al ruolo del Regno di Hod (Mercurio), la Mente Inferiore. 
Il labirinto è un simbolo appropriato qui, poiché, visto dall'alto, sembra una sorta di mappa di ciò che accadrà al suo interno e, la funzione dell'intelletto ordinario o della Mente Inferiore ha molto a che fare con la mappatura o la definizione dell'esperienza. Proprio come la configurazione delle pareti limita la libertà di movimento di un viaggiatore all'interno del labirinto, è anche vero che l'esperienza di vita può essere limitata dal tipo di configurazione del territorio che la mente è capace di concepire (o 'mappatura'). È quest'ultima verità ad essere il soggetto delle incisioni della Quarta Porta. 

Il labirinto ha una duplice ragione d’esistere, nel senso che permette o impedisce, secondo il caso, l’accesso a un certo luogo in cui non devono penetrare tutti indistintamente; soltanto coloro che sono “qualificati” possono percorrerlo fino in fondo, mentre gli altri saranno impossibilitati a penetrarvi o si smarriranno per strada. Si vede immediatamente come vi sia implicita un’idea di “selezione” in evidente rapporto con l’ammissione all’iniziazione; in questo senso il percorso del labirinto è dunque propriamente una rappresentazione delle prove iniziatiche. Ebbene fare una precisazione a riguardo del termine labirinto, poiché fondamentalmente e tradizionalmente ne esistono di due tipi, anche se entrambi sono stati usati in una forma intercambiabile, molti di noi oggi pensano a un labirinto che ha un unico percorso che si snoda senza ostacoli al centro, a quel punto si fa semplicemente un passo indietro per uscirne. Questi tipi di labirinto sono diventati strumenti di meditazione popolari. Questi disegni, spesso circolari, sono intarsiati nei pavimenti di alcune cattedrali medievali tra cui il labirinto della cattedrale Notre-Dame di Chartres a nord-ovest di Parigi. Ciò suggerisce che il labirinto aveva una tradizionale applicazione spirituale, esattamente come un pellegrinaggio simbolico o una forma di penitenza. Ciò che conta in questa figura dopotutto è il centro, che si identifica al Centro del Mondo e, al quale conducono le linee. Ecco perché nel Medio Evo i labirinti si chiamavano “cammini di Gerusalemme”, essendo la Città Santa necessariamente situata al Centro del Mondo. Il percorso del labirinto sostituiva in alcuni casi il pellegrinaggio a Gerusalemme; a questa pratica erano collegate delle indulgenze, prova che essa era presa in seria considerazione. Non si trattava altro che di ciò che viene definito il “viaggio al centro” o, se lo si preferisce, “l’orientazione spirituale” dell’essere, di cui il pellegrinaggio non è che un aspetto esteriore. 






Il labirinto più comune, al contrario, che più spesso appare in contesti secolari, era solitamente quadrato, con passaggi che si intersecavano ad angolo retto, e costituiva un rompicapo per il lobo sinistro del cervello, con una rete intricata di passaggi intersecanti e molti vicoli ciechi. Poiché si trattava di un enigma, la sfida rappresentata da un labirinto era quella di "risolverlo" per raggiungere un obiettivo che si traduceva in qualcosa di diverso rispetto al luogo in cui si accedeva. Il metodo classico per trovare la strada attraverso un labirinto di questo tipo, era di tenere sempre la mano destra a contatto con il muro, il che garantiva di attraversare tutti i passaggi del labirinto al fine di assicurarsi la via d'uscita. Se consideriamo il labirinto come un simbolo del passaggio attraverso la vita, pieno di imprevisti, colpi di scena, svolte e vicoli ciechi, la tecnica a una mano per risolvere il labirinto sarebbe parallela alla credenza gnostica secondo cui l'individuo deve passare attraverso tutte le possibile forme di esperienza prima di raggiungere il punto in cui un ritorno alla vita terrena non sarebbe più necessario. 







Probabilmente possiamo notare le corrispondenze tra il labirinto circolare e il castello dalle “tre torri” della Prima Porta, che rappresenta un obiettivo spirituale e, il castello a “quattro torri”, che rappresenta un obiettivo egoistico materiale, con il labirinto angolare, come un puzzle della Mente Inferiore. 

AT. L’uscita arcata del labirinto è murata- 
LCF. L’uscita arcata del labirinto è libera-

Se il labirinto è una mappa simbolica della vita terrena, allora la domanda diventa "qual è l'obiettivo?" La risposta a questa domanda dipenderà dal livello di coscienza raggiunto e, in termini di incisione della Quarta Porta, ci sono due possibilità: la coscienza dell'Io della Mente Inferiore/Mercurio (versione AT) e la coscienza intuitiva del dio della Mente Superiore/Mercurio o il Mago (versione LCF). Se è la Mente Inferiore di Mercurio che risponde alla domanda, la risposta sarà basata sulla mappa della realtà che l'ego riconosce, in cui tutti gli obiettivi possibili vertono entro i limiti del mondo terreno; obiettivi materiali quali ricchezza, potere, fama, celebrità, piacere o sicurezza. Dal momento che l'ego è incapace di intravedere uno scopo al di là del suo mondo terreno, non si sviluppa alcuna volontà di oltrepassare il Regno dell'Ego del labirinto stesso e, quindi nessuna "uscita" dal labirinto sulla mappa dell’ego della vita. Il viaggiatore che ha scelto un orientamento "verso il basso" sull'Albero, verso obiettivi materiali, alla Prima Porta; un atteggiamento egoistico di competitività, rabbia e paura alla Secondo Porta, e che non era in grado di compiere il passaggio dall'Ego all'Anima alla Terza Porta, arrivando alla Quarta Porta, si troverebbe di fronte alla versione senza uscita del labirinto di Torchia, una mappa della vita che rappresenterebbe anche il suo "destino" fino a quando non sarebbe in grado di evolversi abbastanza (attraverso un tempo più lungo, esperienza di vita) per raggiungere una prospettiva più elevata. Il fatto che l'arco aperto sia incorporato nella struttura del labirinto che sembra essere solo temporaneamente murato, suggerisce che questa barriera non è assoluta, ma è sperimentata solo dalla prospettiva della coscienza inferiore dell'ego/mente, ed è ciò che egli stesso crea.

Questa incisione riflette il numero 6 nella somma dei numeri rivolti verso l'alto sui tre dadi e, nella forma esagonale del labirinto. 6, è considerato un numero fortunato e, il simbolo più famoso associato alla stella a sei punte, è il Sigillo di Salomone che rappresenta l'equilibrio e il completamento. Il Sigillo simboleggia l'unione dei triangoli di puntamento verso l'alto e verso il basso, l'unione tra sopra e sotto e tra cielo e terra, nonché l'anima e l'ego. 







Se contiamo tutti i numeri visibili su ciascuno dei dadi, il risultato sarà 6, 6, 6. Capiremo perché l'illustratore ha associato "Il numero della Bestia" con la Quarta Porta della mente inferiore e la Sesta Porta della transizione all'Anima, quando arriveremo all'analisi conclusiva del "Rituale". I dadi erano tra gli strumenti trovati sul tavolo del Mago nelle prime versioni dei Tarocchi, che rappresentavano non i giochi d'azzardo, ma la divinazione del futuro o della "fortuna" di qualcuno. A questa Porta, la fortuna favorirebbe il viaggiatore che ha il vantaggio di accedere alle funzioni intuitive della Mente Superiore/Hermes del Mago, che proviene dall'interazione tra ego e anima.

Torniamo alla domanda "Qual è lo scopo della vita?" Se è la coscienza del Mago stavolta a rispondere, la risposta sarebbe di padroneggiare le lezioni della vita terrena, unire ego e anima, sviluppare la capacità di discernimento spirituale e diventare uno strumento efficace di amore divino altruistico. In un contesto così ampio, gli eventi della vita terrena non vengono più vissuti come "banali", ma sono visti e compresi in una luce completamente nuova. Poiché l'obiettivo immaginato dal Mago richiede di trascendere il mondo dell'Io, la "mappa" del Mago della vita terrena dovrebbe includere l'idea di "oltrepassare" il territorio dell'Io e questo è rappresentato nell'incisione dall'arco aperto all’uscita posteriore del labirinto. Le cinque merlature dell'arco rappresentano i cinque sensi che sono la base della coscienza dell'ego della Mente Inferiore che è trascesa oltre questo passaggio. I riferimenti alla morte nella forma simile a una bara del labirinto e i suoi molti vicoli ciechi, si riferiscono al fatto che, nel contesto del mondo terreno e dalla prospettiva dell'ego, c'è un senso in cui il "destino è uguale per tutti”: la morte. Si riferisce anche al fatto che, sul primo passaggio del Mago dall'Io all'Anima, l'esperienza del suo ego è una "morte” della sua autonomia, che poi gradualmente diventa una subordinazione permanente della coscienza dell'Io, ma in funzione di un più grande potere, saggezza e guida della propria anima. 

“L’entrata nel labirinto è la nascita, e l’uscita è la morte.” 
 (Jean Hani)

Il temperamento di Balkan non gli permetterà di subordinare il suo ego a qualcuno o qualcosa, persino alla guida della sua stessa anima, e questo gli impedirà di perforare veramente il Velo di Paroketh che separa il regno dell'Ego dal regno dell'Anima. Tuttavia, in quanto a studioso di "magia nera", avrebbe un distorto concetto dell'esistenza dei poteri da acquisire viaggiando lungo l'Albero sefirotico e, questa visione distorta potrebbe rappresentare per lui una “via d'uscita" dal labirinto, anche se illusoria. Poiché il concetto di Balkan sulla natura dei poteri superiori dell'Albero, sarebbe limitato al modo in cui potrebbero tornare utili ai propri obiettivi egoistici, le sue interazioni con le sephiroth al di sopra del Velo, sarebbero in realtà una sorta di "shadow-boxing" irreale, con il desiderio e illusioni generate dalla paura della propria immaginazione in cui non si collegherebbe effettivamente con la realtà trasformativa di queste potenze. Quindi, in termini di incisione della Quarta Porta, Balkan continuerebbe a vagare nel labirinto dell'ego, ma si sentirebbe costretto a credere di esserne passato oltre. Considerate le sue illusioni, avrebbe comunque seguito il percorso della versione AT dell'incisione. Il terzo e ultimo percorso da percorrere per superare il Velo di Paroketh inizia dalla sephira Netzach (Venere), Sentimento Inferiore, ed è il soggetto della QUINTA PORTA…









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PORTA  QVINTA
ARCANI VMBRARUM REGNI
APVD  Aristidem  Torchiam

DE  Libro Vitæ ac
Libro Negro
Mortis




"Questa epigrafe è semplice. FR.ST.A, ovvero FRUSTRA. Che significa, Invano. L’allegoria coincide con il motto. L’avaro conta il suo oro, senza accorgersi della morte che tiene in mano due simboli definitivi, la clessidra ed un forcone da contadino. Un forcone e non una falce. Perché la morte falcia, ma il diavolo raccoglie. La figura incappucciata rappresenta sia la morte che il diavolo, creatore, demiurgo, morte nello scheletro e diavolo nella forca tridente. Il messaggio dell’immagine è chiaro, accumulare beni materiali è vano. Piuttosto che garantire il successo per un nuovo inizio. Il tempo, la fatica e lo sforzo, sono stati sprecati inutilmente.
(Baronessa Frida Kessler)





AT.   LCF.                                                                                                                                 


eduto in una stanza, un uomo con la barba, dunque un uomo maturo, non troppo giovane, conta pile di monete d'oro da un sacco molto grande sul pavimento, davanti a lui. L'uomo è apparentemente inconsapevole della figura incappucciata di uno scheletro, in piedi dietro la sua spalla sinistra, rappresentante due simboli. Nella sua mano destra c'è una clessidra in cui tutta la sabbia è finita nel fondo e, nella mano sinistra tiene un forcone che ha la forma di un tridente. Il tridente è il tradizionale arnese simbolico degli dei occidentali che governano gli oceani, Poseidone/Nettuno e il potente dio indù della distruzione e della creazione, Shiva. 



Questa è l'unica incisione in cui le figure sono rappresentate all'interno di una struttura in cui la porta è chiaramente serrata e, può essere aperta solo dall'interno.

I simboli fin qui sembrano semplici e diretti. Accumulare le ricchezze materiali è in definitiva futile, poiché la morte è certa e "non puoi portarle con te". Ma se ci fermiamo a questo livello di interpretazione, la storia non va da nessuna parte e, il simbolismo nei Tarocchi riguarda sempre le tappe di un viaggio cosmico. Ci sono due riferimenti al simbolismo dei Tarocchi in questa incisione, la più ovvia è La Morte, Arcano #13, associata al sentiero lungo l'Albero della Vita che collega la sephira Netzach/Venere (Regno dell'Ego) sul Pilastro Destro della Misericordia, alla Sephira Tiphareth/Sole (Regno dell'Anima) sul Pilastro Centrale dell'Equilibrio. Abbiamo già descritto gli altri due percorsi dall'Ego al Regno dell'Anima nella Terza e Quarta Porta. Questo è l'ultimo sentiero rimasto che conduce il viaggiatore a confrontarsi con l'acquoso Velo di Paroketh, la barriera illusoria tra ego e anima. Il nome letterale ebraico di questo percorso è Nun, che significa "pesce", e l’Arcano dei Tarocchi “La Morte” è legata al segno d'acqua dello Scorpione che regola i processi alchemici di trasformazione, la dissoluzione e la putrefazione, "nigredo", della vecchia struttura, liberando le sue energie e gli elementi da reincarnare in una nuova forma.





Il secondo riferimento ai Tarocchi è la carta degli Arcani Minori, il Dieci di Denari, o Pentacoli, chiamata "Ricchezza". I pentacoli sono le vestigia che rappresenta l'elemento ermetico della Terra. Numerati da uno a dieci, sono anche chiamati "monete", "scudi" o "dischi" in alcune versioni dei Tarocchi. Dieci è il numero di completamento negli Arcani Minori dei Tarocchi, in cui l'energia che è nata con l'Asso si è espressa nella sua massima estensione possibile. Una volta esaurita la forza dell'elemento, con la conseguente coagulazione, inizia il processo di trasformazione, liberando l'energia per assumere una nuova forma.






Netzach (Venere) è il Regno del Sentimento e, abbiamo già osservato un aspetto del suo potere nella sua interazione con la natura sessuale, nella Terza Porta, dove l'amore personale per un 'amato' è trasmutato in amore dell'anima. Questo riflette il ruolo di Venere nelle relazioni (Venere governa la VII casa astrologica e il segno della Bilancia, simbolo del matrimonio e delle relazioni serie). Ma Venere, come il sovrano astrologico della Seconda Casa e segno del Toro, simbolo delle risorse materiali, governa anche il desiderio e la capacità di attrarre ricchezza materiale ed è questo aspetto che è considerato nell’incisione della Quinta Porta. Non c'è certamente nulla di sbagliato nel desiderare di possedere abbastanza beni materiali per sostenersi e garantirsi la propria sopravvivenza, ma la situazione riflessa in questa incisione è quella in cui l'uomo ha accumulato ricchezza ben oltre il suo bisogno di spenderla.

AT. La sabbia nella clessidra ha appena cominciato a scorrere; 
LCF. La sabbia nella clessidra ha finito di scorrere. 

Coloro che hanno accumulato tanta ricchezza, alla fine scoprono che c'è un punto in cui nessuna somma di denaro sarà mai "sufficiente", perché una volta che si possiede più di quanto è possibile spendere, ci si rende conto che ciò che rimane è denaro e beni materiali fini a sé stessi, che non sono semplicemente 'mai abbastanza' per riempire il vuoto che sentiamo ancora dilagare dentro di noi. Questo è il punto in cui la sabbia finisce in fondo alla clessidra. L'anima incarnante si è immersa nei valori dell'ego e nel mondo della materialità, nella massima misura possibile e, l'unica via da percorrere da questo punto è attraverso la morte del vecchio sistema di valori materialistici dell'ego e la nascita di un nuova prospettiva, che inizia a riconoscere il valore delle conquiste spirituali e ad avvertire la "trazione" magnetica per ritornare consapevolmente nel Regno dell'Anima.

La ragione per cui la figura della Morte tiene un tridente invece della tradizionale falce è da rapportare in funzione al dio indù Shiva, quella della trasformazione, che è già stata descritta in funzione del relativo ruolo dello Scorpione. La figura simbolica del diavolo, brandisce un "forcone" a forma di tridente, anche se nessuno sembra avere molte informazioni sul perché, al di là del suo ovvio uso come arma con cui tormentare i "peccatori". Ma il simbolismo di Nettuno che maneggia il tridente può far luce su questo. Il dio romano Nettuno comandava il regno dell'acqua, che simbolicamente è il Regno del Sentimento. Tuttavia, non era associato a piccoli corpi d'acqua che potevano essere paragonati alla natura sentimentale dell'ego, ma era il governatore della vasta distesa incontaminata degli oceani che simboleggiava il regno dell'Altissimo Senso Supremo dell'Anima in cui l'anima non riconosce confini. Nettuno astrologico rappresenta le energie spirituali ideali dell'anima. Una volta fatto il viaggio di ritorno che unisce l'ego con l'anima, siamo consapevoli del mondo, come l'anima lo percepisce e, questo è l'unico contesto appropriato in cui le energie trascendenti di Nettuno si esprimono in un modo completamente positivo. Sotto il Velo di Paroketh, prima che l'ego diventi coscientemente consapevole dell'Anima, l'ego crede di essere il maestro supremo e interpreta le visioni di Nettuno, come se fossero destinate a sé stesso. Questa è un'illusione che non conduce ad altro che disastri. 




L'Anima sa di essere collegata a tutte le altre anime e, consapevole di questo, vede tutti gli altri esseri umani come spiritualità eguali. L'ego, intravedendo la visione nettuniana ideale, crede di essere separato e diviso da tutti gli altri sé, si appropria del messaggio divino come se si applicasse unicamente a sé stesso; come lo si evince in Balkan:

"Solo io ho afferrato il suo segreto, solo io ho penetrato il grande piano del Maestro, solo io sono degno di godere dei frutti di questa scoperta: il potere assoluto di determinare il mio destino... Prenderò la strada che conduce all’eguaglianza con Dio… Sono invulnerabile! Sì, invincibile! Posso fluttuare nell’aria, posso camminare nell'acqua! Immergo le mani nelle fiamme - non avverto calore. È miracoloso! Non sento niente, niente ed è tutto!” 
(Boris Balkan)

Il film ci ha mostrato fin troppo bene quanto è stata grande questa delusione per lui. Qui Balkan dimostra ciò che è noto come "orgoglio satanico", la visione nettuniana dell'anima sovvertita per servire gli istinti inferiori e il potere della mente e dell'ego inferiori. La figura simbolica del diavolo, che rappresenta l'umanità non evoluta e degradata, è solitamente rossa, il colore vibratorio della più bassa energia umana, quella degli istinti animali. Ha zoccoli, corna e una coda e, si aggrappa al tridente di Nettuno, ma non essendo nemmeno completamente umana nel suo sviluppo, non permette a questa energia trascendente di trascinarlo lungo l’'Albero nella direzione della piena umanità e unione con l'anima. Invece si illude che i poteri di Nettuno siano suoi, tenta di usarli per soddisfare i suoi appetiti animali e la sete istintiva di potere. Solo l'esperienza ripetuta di disillusione e conseguenze distruttive, può rompere l'incantesimo negativo nettuniano e convincere un umano 'diabolico' che non è l'eguale, o la controparte, di Dio. 

Per tornare alla Quinta Porta, solo l'individuo stesso può sapere quando le sabbie di soddisfazione del materialismo siano completamente esaurite. In quel momento, smetterà di vedere riflesso in lui, nella barriera acquosa di Paroketh, la visione del suo continuo desiderio di ricchezze materiali e beni che servono solo a nutrire la vanità del suo ego. Una volta che non è più dominato dai desideri illusori dell'ego, che lo attirano "al di sotto" dell'Albero, è libero di essere ispirato dalla vera visione di Nettuno. Può quindi dirigere la stessa fortissima volontà, che una volta era devota agli obiettivi materiali, verso il raggiungimento degli obiettivi spirituali, finché l'Amore dell'Anima alla fine lo trascina "al di sopra" in un'unione di Ego e Anima nel punto Centrale dell’Equilibrio lungo l'Albero, la sephira Tiphareth.

Per quelli come Balkan, che sono ancora estasiati dall'illusione che il potere materiale e le proprietà possano fornire la massima soddisfazione, come nella versione AT, la sabbia è ancora nella parte superiore della clessidra e, la morte/trasformazione della Mente/Ego-Inferiore che porta alla definitiva unione con l'Anima, dovrà aspettare che questo incantesimo nettuniano negativo, che illude l'ego, sia spezzato. Abbastanza opportunamente, nella frase latina assegnata alla Quinta Porta, la parola "frustra" può anche essere tradotta come "inganno". La natura della grande trasformazione che il viaggiatore sta per subire, dal dominio dell'Io al dominio dell'Anima, è il soggetto della SESTA PORTA…




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PORTA  SIXTA
ARCANI VMBRARUM REGNI
APVD  Aristidem  Torchiam

DE  Principiis Vetustis
Mali Bonique



"DIT.SCO M.R. è DITESCO MORI, “Mi arricchisco con la morte”, frase che il diavolo può pronunciare a testa molto alta…”. 
(Baronessa Frida Kessler)

“Un impiccato come quello dei Tarocchi, appeso per i piedi e con le mani legate dietro la schiena. Penzola da uno dei merli di un castello, accanto ad una porta chiusa. Dalla ferritoia spunta una mano che impugna una spada ardente.”
(Liana Telfer)




AT.    LCF.
                                                                                                                                       

La lettera greca mostrata nell'incisione è la forma variante di “sigma” minuscola usata solo alla fine di una parola. Oltre a somigliare a un serpente, questa variante di sigma, come la 18a lettera greca, ha anche proprietà numerologiche interessanti, poiché il numero 18 può essere rappresentato come 1 + 8 = 9 o come 6 + 6 + 6. Considereremo le possibili implicazioni di ciò, più dettagliatamente, nel "Rituale" conclusivo.

ppeso a testa in giù dalla merlatura di un muro del castello, un uomo giace legato da una corda, simile a un cappio, avvolta intorno al piede destro. Il "nodo dell'impiccato" è legato all'occhiello superiore della corda che circonda la merlatura, ponendo così la merlatura stessa del muro del castello nel luogo in cui si troverebbe la testa dell’impiccato. Questo è solo un esempio del modello generale di "inversione" di questa incisione. La gamba sinistra dell'uomo è piegata al ginocchio, quasi ad angolo retto e, si incrocia dietro il ginocchio destro. Le braccia sono trattenute dietro la schiena, apparentemente legate lì. La faccia dell'uomo è rilassata e serena e non c'è alcun segno dell'effetto della gravità sui suoi capelli o sui vestiti. Se osserviamo con attenzione, L’Appeso ha un punto di vista perfettamente normale, chiaro e inequivocabile. Solo che il suo punto di riferimento non è la terra, non è definibile in termini terrigeni. Il suo “punto di vista” è il Celeste, la prospettiva trascendentale. 



Alla sua destra c'è una porta d'accesso al castello, chiusa; e sopra di essa, alla sinistra di quest’ultima, si apre una stretta finestra ad arco attraverso la quale si estende un braccio destro che erge una spada dritta e fiammeggiante. 

“L’appeso simboleggia in primo luogo, l’arcano numero 12 dei Tarocchi. Ma ci sono altre Interpretazioni. Il cambiamento attraverso il sacrificio. La Saga di Odino. Lucifero, paladino della libertà, soffre per amore dell’uomo. E gli dà la conoscenza attraverso il sacrificio, condannando se stesso.”
(Baronessa Frida Kessler) 




“Io so che io pendetti dall'albero (spazzato dal) vento, 
per nove giorni e nove notti, 
dalla lancia ferito e sacrificato a Odino, 
io stesso a me stesso, 
su quell'albero che nessuno sa, 
da quali radici cresca.”
(Edda poetica - Hávamál - Il Discorso di Hár)



Qui abbiamo L'Appeso dei Tarocchi, Arcano n. 12, appeso non alla solita croce o Tau (come figura nei Tarocchi Rider-Waite), ma dalle mura esterne di un castello. Poiché, in questa serie di incisioni, il castello è il simbolo dell'obiettivo finale della ricerca, il viaggiatore qui viene mostrato per la prima volta completamente dipendente da esso, anziché separato o in viaggio verso questo, come nel passato. Questo è un riflesso simbolico del grande cambiamento che ha sperimentato passando attraverso il Velo di Paroketh, lasciando il Regno dell'Ego ed entrando nel Regno dell'Anima.

La spada fiammeggiante è un altro simbolo legato all'Albero della Vita ed è un nome dato al sentiero dell'energia trascendente dell'Albero che scorre su un corso discendente per irrorare tutte le sephiroth inferiori. Questo è il percorso che la trascendente energia creativa, originariamente portò, dalla cima dell'Albero fino alla radice, emanando ciascuno dei centri dell'Albero, così come avvenne nel processo creativo originale. Poiché si muove a zig-zag da pilastro in pilastro, è anche conosciuto come il "percorso del fulmine" o del Serpente, un simbolo che apparve per la prima volta nell'incisione del frontespizio raffigurante un albero colpito da un fulmine e con disegnato sopra un serpente uroboro.

Fino ad ora, capire se il viaggiatore stia mantenendo un orientamento "ascendente" o "discendente" lungo l'Albero è stata una questione abbastanza semplice. In ciascuna delle porte precedenti, la versione LCF dell'incisione illustrava una scelta che poneva il viaggiatore su un percorso "ascendente". Ma nella Quinta Porta, appena prima di entrare in questa, il viaggiatore della LCF alla fine, lasciò il Regno del dominio dell'Ego ed entrò nel Regno dell'Anima, e questa è una transizione che comporta un profondo riorientamento della volontà. L'Appeso è ora allineato con il percorso della "spada fiammeggiante" in cui l'energia viene dall'alto e, fintanto che mantiene questo orientamento, la spada fiammeggiante protettiva di cui si parla nella Genesi non lo ostacolerà nel viaggio sul Sentiero di Ritorno al Giardino.

“Così egli scacciò l'uomo e pose a oriente del giardino d'Eden i Cherubini, che vibravano da ogni parte una spada fiammeggiante, per custodire la via dell'Albero della Vita.”
(Genesi 3, 24)

Nella cosmogonia orientale, una spada fiammeggiante fu posta in mano ad esseri spirituali chiamati Deva, e questa simbologia si trasmise sino in occidente, ponendola in mano ai Cherubini. Questi sono le Monadi dell'Uomo e i Figli di Dio, posti a "guardia" del Regno spirituale e non permettono all'uomo (a sé stessi, alla propria controparte inferiore immersa nella Materia) di risalire in quei piani, prima d'aver compiuto l'Opera nel Mondo inferiore (la sacralizzazione della materia quindi, del Pianeta), e superate tutte le prove che la realizzazione di quell'Opera di Costruzione comporta. La spada fiammeggiante, simboleggia l'energia spirituale espressa attraverso l'elemento Fuoco (elettrico). Quello della spada fiammeggiante, è rimasto il simbolo più alto del significato di spiritualità manifesta per l'Iniziazione dei 4 Regni inferiori.

Il viandante, dunque, non sta più cavalcando o percorrendo un sentiero per mezzo della propria volontà ed energia, ma ha adottato un’attitudine in cui la sua abituale attività, motivata dall'ego, si è deliberatamente placata. I suoi piedi non sono a terra perché non ha bisogno di girovagare nel vecchio senso materialistico del raggiungimento degli obiettivi dell'ego. Le sue mani sono dietro la sua schiena perché non deve far nulla, eccetto imparare a sintonizzarsi con la propria Volontà Superiore in modo che possa diventare uno strumento perfetto della Vera Volontà della sua anima che è sempre in perfetto allineamento con la Volontà di Dio. Naturalmente, questo non significa che egli fermi ogni attività - questa è una rappresentazione simbolica dell'atteggiamento interiore di ricettività verso la direzione dallo Spirito che, d'ora in poi, guiderà tutte le azioni del viaggiatore.

"Fai ciò che vuoi sarà tutta la Legge;
Amore è la legge, amore sotto la Volontà;
Non vi è altra legge oltre Fai ciò che vuoi".
(Aleister Crowley)



AT. L’uomo è appeso per la gamba destra- 
LCF. L’uomo è appeso per la gamba sinistra- 

Il fatto che il viaggiatore sia appeso al piede destro indica che siamo nel territorio della Colonna Sinistra della Severità, la cui base è la sephira Hod (gamba destra). Non a caso, il percorso che collega Hod (Mercurio) alla successiva sephira "su" per il Pilastro della Severità, Geburah (Marte), è (nel sistema che abbiamo usato) assegnato alla carta dei Tarocchi, L'impiccato. Geburah/Giudizio, il cui simbolo è la spada, rappresenta la Volontà intenzionale, la facoltà del discernimento spirituale e morale e, la distruzione infuocata di qualsiasi cosa che non sia in linea con la Volontà Superiore. La funzione distruttiva di Geburah è parallela a quella della "risoluzione" alchemica nel processo di "Solve et Coagula", in cui il vecchio modo di percepire e comprendere l'ego deve essere dissolto prima che la nuova prospettiva dell'anima, più altamente evoluta, possa prenderne posto. Il relativo mito di Odino, che è rimasto appeso per nove giorni all’Albero del Mondo per avvalersi di una conoscenza trascendente, riflette il fatto che la transizione, dal Regno dell'Ego al Regno dell’Anima, è un processo che avviene in un periodo di tempo durante il quale gli impulsi dell'ego attivi, sono trattenuti fino a quando non si ottiene una sintonizzazione corroborata agli impulsi provenienti dall'anima. 

In termini di struttura dell'Albero della Vita, ora ci stiamo avvicinando alla massima polarità orizzontale che la coscienza umana normale e incorporata è in grado di raggiungere: Geburah/Giudizio sul Pilastro Sinistro della Severità e Chesed/Misericordia sulla Colonna Destra della Misericordia. Sulla via ascendente del Ritorno del Serpente, la sephira di Chesed è l'ultima fermata prima del grande Abisso che separa le sette sephiroth del mondo creato inferiore, dalla Triade Superna, le tre principali sephiroth trascendenti della Divinità Creativa.
La natura di Chesed è stata descritta come lo sfogo illimitato del desiderio divino di dare, di offrire. Nell'equilibrio che deve essere raggiunto tra Chesed e Geburah, questa "effusione sconfinata" deve essere modellata e misurata per servire i più alti propositi morali dell'Anima che riconosce l'uguale necessità e la natura compassionevole di moderazione e generosità intelligenti, ciascuno al suo giusto grado e nel suo giusto posto.

Poiché il film è strutturato per seguire i progressi di Corso come agente di Balkan e testimone delle sue disavventure, è naturalmente una priorità mantenere Balkan in gioco il più a lungo possibile, fino alla porta finale e, poiché egli riflette la mentalità tipica dell'aspirante "mago nero", l'idea romantica del "sentiero della mano sinistra", del Pilastro Sinistro della Severità, gioca un ruolo naturalmente affascinante per lui. L'avrebbe pensata come la strada che gli avrebbe dato l'accesso più vicino alla sua concezione distorta dello scopo finale della ricerca: sfruttare la Volontà Superiore per servire gli scopi illusori dell'Io/Mente Inferiore. L’ultima volta che lasciammo Balkan, stava ancora perseguendo spietatamente i suoi obiettivi egoistici e contando le sue monete d'oro su Netzach (Venere), incapace di transitare oltre la Quinta Porta nel Regno dell'Anima. Quindi, in termini di incisione della Sesta Porta, Balkan non avrebbe raggiunto la prospettiva invertita dell'Appeso e sarebbe invece (simbolicamente) in piedi sul suo piede sinistro con la gamba destra incrociata (come nella versione AT). Questa posizione ricorda la figura dell'Imperatore dei Tarocchi, un simbolo di potere terrestre, materiale, basato sull'ego che, nei Tarocchi di Thoth di Aleister Crowley, siede su un trono con la gamba destra incrociata sulla sinistra.






Il percorso sull'Albero, che Balkan ha effettivamente compiuto finora, oltrepassa il Regno dell'Anima sul Pilastro Destro della Misericordia e il Pilastro Centrale sopra Yesod. Inizia nella parte inferiore della sephira Malkuth, e progredisce attraverso il regno astrale di Yesod, tocca il Regno dei Sentimenti Inferiori di Netzach (il "piede sinistro"), quindi attraversa la "gamba destra", la sfera dell'intelletto inferiore di Hod e fa un tentativo di procedere lungo Pilastro Sinistro della Severità, verso Geburah/Giudizio. Poiché questa "via della mano sinistra" supera la transizione dall'Io all'Anima, Balkan non attraversa mai il processo di unione con l'Anima, che è rappresentata simbolicamente dall'impiccato ed è solo il suo ego non rigenerato, che tenta di elevarsi a Geburah. L'obiettivo di Balkan come "mago nero" è di usare le energie dell'Albero che sono a sua disposizione per soddisfare i desideri materialistici del suo ego. Se fosse in qualche modo in grado di elevarsi al livello di Geburah o avesse solo sperimentato l'illusione di farlo, così come le visioni del suo stesso desiderio erano riflesse su di lui dalla superficie acquosa del Velo di Paroketh, il risultato finale sarebbe comunque lo stesso. Balkan credeva chiaramente che sarebbe stato "arricchito dalla morte", nel senso che la morte dei suoi concorrenti avrebbe assicurato che il premio a cui ambiva sarebbe stato soltanto suo. Ma la violenza che ha inflitto verso gli altri è inevitabilmente tornata alla sua origine per distruggerlo. Il vero "appeso" sperimenta la "morte" dell'autonomia della sua antica identità illusoria dell'ego e il sistema di valori dell'ego e il modo di vedere il mondo, e in compenso a questa perdita del sé personale illusorio, scopre l'Anima, il vero Sé eterno che è l'erede di tutto il Regno. Questa è "La nuova Gerusalemme" dell’Albero restaurato e unificato. La forma simbolica che prende questa riunificazione è il soggetto della SETTIMA PORTA...





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PORTA  SEPTIMA
ARCANI VMBRARUM REGNI
APVD  Aristidem  Torchiam

DE  Originibus omnium
Maleficarum




"La scritta DIS.S P.TI.R. M. non è troppo esplicita a prima vista. Si può dedurre una frase tradizionale tipica dei filosofi ermetici: DISCIPULUS POTIOR MAGISTRO. L’allievo supera il maestro. Più o meno."                                                                                                          (Baronessa Frida Kessler)




AT.   LCF.
                                                                                                                                       

u questa strana scacchiera dove tutte le caselle sono dello stesso colore, il re e il mendicante giocano a scacchi, mentre il cane nero e quello bianco, il Male e il Bene si sbranano con cieco furore. Alla finestra si affaccia la luna, che è allo stesso tempo l’oscurità e la madre. La credenza mitica secondo la quale dopo la morte le anime si rifugiano sulla luna. Il nero è il colore simbolico delle tenebre e delle ombre cimmerie, il bruno dell’araldica, la terra, la notte, la morte. Il nero di Isis corrisponde al colore della Vergine, che è vestita di azzurro e ha ai suoi piedi la luna. Quando moriremo, torneremo a lei, all’oscurità da cui proveniamo, ambivalente in quanto protettrice e pericolosa. I cani e la luna hanno anche un’altra interpretazione; la dea cacciatrice Artemide, la Diana dei Romani, era conosciuta per il modo in cui si vendicava di coloro che si innamoravano di lei o che cercavano di approfittare della sua femminilità. Il re con gli scacchi bianchi simboleggia Dio, mentre il mendicante con gli scacchi neri è l’umano. Hanno entrambi pari opportunità nel gioco degli scacchi ed è il turno in cui il mendicante deve fare la sua mossa. Questo significa che con la conoscenza appropriata, l’uomo può raggiungere la parità con Dio, infatti l’uomo può diventare Dio tramite la gnosi o l’illuminazione. L’ego umano è predisposto ad avvalorare la luce e disprezzare l’oscurità, vedendo la luce come simbolo del Bene e il nero come il Male. La prospettiva dualistica è la barriera, rappresentata dalle mura del castello, che deve essere superata. La definizione dualistica dell’ego bene/dio e male/diavolo, a questo punto del viaggio, è riscattata dalla definitiva non duale forma simbolica di Lucifero, il Portatore di Luce, il sempre servo fidato del vero Dio e l’onorevole avversario dell’uomo.

Un re barbuto, maturo, incoronato e un uomo più giovane vestito da contadino o persona comune, lo chiameremo "il discepolo"; stanno giocando a scacchi su una scacchiera dove tutti i quadrati sono neri. Sullo sfondo, su due gradini e di fronte al muro di destra, un cane nero e un cane bianco si rincorrono, come in gioco. Il cane nero è visivamente "sopra" il cane bianco e la loro configurazione suggerisce il simbolo yin-yang. Sopra di loro c'è una finestra ad arco attraverso la quale vediamo la Luna. Il discepolo è visivamente "sotto" i cani, la luna e i due gradini. Anche sullo sfondo, nella parete di sinistra, c'è una porta chiusa. Il re è visivamente "sotto" la porta. I simboli della Luna sono anche visivamente "sopra" la figura del re, ad un livello più alto. Nell'angolo in cui le due pareti si incontrano c'è un pilastro. Se una linea perpendicolare venisse estesa dal fondo del pilastro, taglierebbe la scacchiera in due; in diagonale, in due triangoli.

Prima di tutto, la scena mostrata in questa incisione può essere letta come una descrizione di una porzione dell'Albero della Vita. In primo piano e al punto visivo più basso della scena, c'è il discepolo, l'uomo comune che ha iniziato il suo viaggio nella sephira più bassa, Malkuth. Sulla parete destra vi sono i simboli del’Arcano # 18, La Luna, con i suoi due cani, talvolta anche un cane e un lupo, che simboleggiano il regno degli istinti animali. La carta dei Tarocchi chiamata "La Luna", raffigura anche un crostaceo, aragosta o granchio, che emerge dall'acqua, che rappresenta il segno astrologico del Cancro; quest'ultimo è governato dalla Luna e simboleggia l'inconscio. 





I due cani, uno nero e uno bianco, nella loro configurazione yin-yang, riflettono anche il fatto che sull'Albero della Vita, la sephira Yesod (Luna) è il punto di equilibrio della dualità nel regno dell'Ego. Che ci siano due passi (due gradini) che portano dall'uomo di Malkuth ai simboli della Luna, potrebbe riferirsi alle prossime due sephira sopra Malkuth che, insieme a Yesod, costituiscono la Triade Inferiore del Regno dell'Ego: Hod (Mercurio), Mente Inferiore e Netzach (Venere), Sentimento Inferiore.

L'unico pilastro suggerisce la Colonna Centrale dell'Equilibrio, sulla quale le successiva sephirah al di sopra di Yesod (Luna), è Tiphareth (Sole); il punto di equilibrio centrale del regno dell'Anima, il cui simbolo è un Re. La porta che appare visivamente "sopra" il re, simboleggia la misteriosa Daath (Conoscenza) "non-sephira", situata direttamente sopra Tiphareth sul Pilastro Centrale dell'Albero e che rappresenta la Settima Porta che descriveremo di seguito.

Il livello simbolico successivo deriva dall'Alchimia, in particolare, la "coniunctio alchemica", il congiungimento o "matrimonio sacro", "Nozze Alchemiche" del Re alchemico (Sole/Coscienza Solare/Anima) e della Regina alchemica (Luna/Coscienza Lunare/Ego). Questo è uno stadio essenziale nella produzione del fine ultimo dell'Alchimia: l'“oro alchemico”, l'Unus Mundus, “mondo unificato” o la Pietra Filosofale. Questa unificazione-integrazione di Sole/Luna, Re/Regina, Anima/Ego è anche l’obiettivo centrale della Cabala, rappresentato dal simbolo del Sigillo di Salomone, dall'unione dei due triangoli rivolti verso l'alto e verso il basso.




L’Alchimia fa dell’Oro e dell’Argento, o dei loro equivalenti ermetici Sole e Luna, l’immagine dei due principi attivo e passivo, o maschile e femminile secondo un altro modo espressivo, che sono in effetti i due termini di un vero complementarismo. Per rendere comprensibile questo concetto ritorneremo al simbolismo secondo il quale il Sole viene assimilato al Cuore e la Luna al Cervello (v. Seconda Porta). I principi cosmici rappresentati da questi due astri sono spesso raffigurati come complementari e da un certo punto di vista lo sono effettivamente; si stabilisce quindi fra di loro una specie di parallelismo o di simmetria, di cui troviamo esempi in tutte le tradizioni. Andando oltre le apparenze, notiamo che il sole è di per sé una sorgente di luce, mentre la luna non fa che riflettere la luce che riceve dal sole. La luce lunare è in realtà solo un riflesso della luce solare; quindi si potrebbe dire che la luna, in quanto “luminare, esiste soltanto grazie al sole. Ciò che è vero per il sole e per la luna, lo è anche per il cuore ed il cervello, o per dir meglio, per le facoltà cui corrispondono questi due organi e che sono da essi simboleggiate, cioè l’intelligenza intuitiva e l’intelligenza discorsiva razionale. La luce è il simbolo più comune della conoscenza, è dunque naturale rappresentare mediante la luce solare la conoscenza diretta, cioè intuitiva, che è quella dell’intelletto puro e, mediante la luce lunare la conoscenza riflessa, cioè discorsiva, che è quella della ragione. Non è senza motivo che la parola “riflessione” è applicata al pensiero razionale. 

Il gioco degli Scacchi era prerogativa degli aristocratici, e lo troviamo in ambienti “iniziatici”: veniva considerato uno strumento per lo studio della strategia militare, ma anche un “rito” per la divinazione e la propiziazione. Se ne fece risalire l’origine mitica all’eroe greco Palamede. Il gioco degli scacchi, scienza e arte nel contempo, sviluppa l’attenzione, la concentrazione, la memoria, il discernimento e numerose altre qualità dell’intelletto e dello spirito. Ed è a sua volta una pratica meditativa, esoterica, grazie al ricco simbolismo che è metafora degli eventi della vita, della lotta per l’esistenza, della vittoria, della sconfitta, del sacrificio, della vita e della morte. Innalza la mente in una lotta trascendente, nel contesto di uno scenario interiore e sacrale. Le corrispondenze magiche si rendono evidenti nel simbolismo della scacchiera e dei numeri. 8 caselle per lato, per un totale di 64 caselle che si intrecciano nel gioco del bianco e del nero, del Bene e del Male: simbolismo riproposto nei templi massonici. Il numero 8 rappresenta la completezza dei cicli vitali e la stabilità interiore, e il suo quadrato, il numero 64 ha valore numerologico 10 (6+4), numero fondamentale nella tradizione cabalistica e pitagorica.





Ogni giocatore si muove su 16 elementi, ovvero il quadrato di 4, simbolo della volontà umana (che muove i pezzi) e, numerologicamente, 1+6 = 7, simbolo di ogni perfezione ideale a cui ambire. Il fatto di elevare i numeri a potenza, nella tradizione orientale, indica lo sviluppo dei loro significati sul piano macrocosmico. Per cui ecco la doppia lettura dei numeri coinvolti nel gioco che si trasforma in una rappresentazione dell’ordine naturale e cosmico. Ogni movimento è un atto di creazione inserito in un’alchimia complessa di moti possibili, di contrasti e di alleanze, riflessi di meccaniche cosmiche e nel contempo di percorsi evolutivi personali. Da un punto di vista relativo, la battaglia rappresentata sulla scacchiera, raffigura sia quella di due veri e propri eserciti terreni, ciascuno dei quali combatte a difesa di un principio, ossia quello della Luce  o delle Ombre, all'interno dell’uomo. Per cui, l’armata bianca è quella della Luce, mentre l’armata nera è quella delle Ombre. Sono queste le due guerre sante: la “piccola guerra santa” e la “grande guerra santa”, secondo l’espressione del Profeta. È da notare l’affinità tra il simbolismo del gioco degli scacchi ed il tema della Bhagawad-Gitâ, libro anch’esso rivolto agli Kshatriyas.






C'è una credenza, che quando l'Albero della Vita fu creato per la prima volta, la prima e più alta sephira, Kether (Corona), che rappresenta l'Unità Trascendentale, emanò la seconda più alta sephira, Chokmah (Padre/Saggezza/Forza), che emanò la terza sephira più alta, Binah (Madre/Comprensione/Forma). Queste tre sephiroth trascendenti rappresentano la Forza Creativa della Triade Divina Superna. L'unione di Chokmah (Padre/Forza) e Binah (Madre/Forma) ha poi creato una quarta sephira, Malkuth, la figlia. Come simboleggiato nel mito del Giardino dell'Eden, Malkuth "cadde" dal suo stato originale di Unità trascendente con il Divino in uno stato di dualità manifestata e, nel corso della "Caduta", le altre sei sephiroth inferiori dell'Albero sono venute in essere. La tradizione sostiene che nel processo di "Caduta", l'Albero della Conoscenza del Bene e del Male, del Giardino dell'Eden, divenne la Colonna Sinistra della Severità/Forma (Male), e la Colonna di Destra della Misericordia/Forza (Bene). L’Albero della Vita, divenne invece la Colonna Centrale dell'Equilibrio e rappresenta l'equivalente della "via di mezzo" del Buddha, la via dell'equilibrio tra gli estremi dei due pilastri esterni. Questa è la via dell'ascesa che deve essere seguita per ripristinare l'unità perduta dell'Albero originale. Dopo la "Caduta", le sephiroth trascendenti della Triade Superna furono separate dal resto dell'Albero da una barriera chiamata Abisso. Nel centro dell'Abisso, nel punto da cui cadde Malkuth, il diagramma dell'albero mostra un cerchio, solitamente costituito da linee tratteggiate, senza numero, che rappresenta la 'non-sephira' chiamata Daath (Conoscenza). Binah (Madre), l'ultima sephira trascendente sopra l'Abisso, la non-sephira Daath e l'Abisso, sono tutti associati al colore nero. Daath è anche chiamato il 'Trono di Binah'. C'è una tradizione secondo cui è il destino di Malkuth, chiamato anche "Il Regno e la Sposa", che un giorno venga a "sedersi sul Trono di Binah", che avrebbe gettato un ponte sull'Abisso e riportato sia il Regno che l'Albero stesso al suo stato originale di Unità. Si dice che quando tutte le energie delle sette sephiroth inferiori dell'Albero saranno state visitate, sviluppate e integrate nell'anima/ego umano individuale in un punto di equilibrio finale, l'energia della sephira più alta al livello dell’Anima, Chesed, inverta la sua forza vitalizzante, fluendo "giù" dall'Albero per ritornare "su", sul "Sentiero del Ritorno". Gli altri livelli di coscienza dell'Albero inferiore sperimentano tutto ciò, dapprima come un sentimento di desolazione e abbandono, affinché alla fine comincino a percepire l'attrazione della marea ribelle e, pieni di desiderio di tornare nuovamente nell'Infinito, seguano La sveglia di Chesed, girando i loro volti verso "Casa". Questo è il momento dell “Ascensione”. L'unione finale tra l'ego e l'anima è simboleggiata nella congiunzione di Tiphareth/Sole e Yesod/Luna per formare la stella a sei punte, il Sigillo di Salomone. Immaginiamo che i quattro centri più bassi Malkuth, Yesod, Hod e Netzach, si ergano come se ci fosse una piega sul diagramma dell'Albero appena sopra la Triade Inferiore, nel luogo in cui nel Velo di Paroketh v’era la separazione tra l'Ego e l'Anima. Yesod/Luna poi si congiunge con Tiphareth/Sole nel Sacro Matrimonio di Re/Regina-Sole/Luna, quindi Yesod/Luna discende "in cima a" Tiphareth/Sole"; esattamente come il cane nero era in cima al cane bianco nell’incisione della Settima Porta. Malkuth, la Sposa, viene quindi a posizionarsi, sedendosi sul Trono di Binah, riprendendo il suo stato originale di Unità, facendo da ponte e annientando l'Abisso, prendendo il posto della "non-sephira" precedentemente conosciuta come Daath. L'ego si sposa con l’anima e, il discepolo dell'incisione, la persona comune di Malkuth, dopo aver "saltato" Tiphareth/Re, nella precedente posizione superiore di Daath lungo l'Albero, "supera il maestro".

Nell'interpretazione tradizionale del Sigillo di Salomone, stella a sei punte, il triangolo di puntamento verso l'alto è talvolta mostrato in bianco e rappresenta lo Spirito, mentre il triangolo di puntamento verso il basso è mostrato in nero e rappresenta il mondo manifesto della Materia. Nel contesto dell'ascensione di Malkuth, il triangolo che punta verso il basso sull'Albero è la "Triade Etica" (Regno dell'Anima) composta da Geburah-Chesed-Tiphareth e, il triangolo rivolto verso l'alto è la "Triade Inferiore" (Regno dell'Ego) composto da Hod-Netzach-Yesod che, al momento dell'unione di Tiphareth e Yesod e l'ascesa di Malkuth, assume un orientamento verso l'alto come abbiamo visto. Le energie dell'Ego della Triade Inferiore si sono simbolicamente invertite per unirsi in matrimonio con le energie dell'Anima della Triade Etica. Prima che questa “coniunctio” redentiva sia possibile, prima che Malkuth possa colmare l'Abisso, simbolicamente matrimonio tra "Terra" (Regno dell'Ego/Anima) e "Paradiso" (Regno dello Spirito Trascendente), la coscienza Anima/Ego deve essere in grado di attraversare l'Abisso. Una volta che tutte le sephiroth inferiori sono state sviluppate ed equilibrate, c'è un solo ostacolo che può impedire questo attraversamento ed è simboleggiato dall’Albero della Conoscenza stesso, che fu la causa simbolica originale della "Caduta". Il potere intellettuale dell'ego è basato sulla dualità, e non permette il passaggio nel regno dell'Unità. Per attraversare l'Abisso, l'Anima/Ego deve rinunciare d’insistere sulla comprensione intellettuale, sul "conoscere" la sua esperienza in termini di dualità. Deve deporre l'intelletto, che rappresenta essenzialmente una "morte" temporanea volontaria della coscienza dell'ego. Ciò è compiuto da un gesto ingannevolmente semplice, ma profondo, di assenso da parte della Volontà Superiore e dalla capacità dell'Ego di riconoscere la sua relativa irrilevanza e di inginocchiarsi con genuina umiltà davanti alla soglia del Grande Mistero. 

Nel "Paradiso" di Dante, Virgilio, maestro di medicina, matematica e poeta, che era stato la guida di Dante attraverso l'Inferno e il Purgatorio, dovette essere lasciato alle porte del Paradiso, non solo perché era un "Pagano", ma a causa della qualità della coscienza che egli rappresentava. Fu Beatrice, simbolo del Divino Amore dell'Anima, che guidò Dante nel Regno Trascendentale. Allo stesso modo, una volta che l'ultima barriera della dualità, l'intelletto, viene lasciata indietro, è la natura del Sentimento Divino di Chesed-Netzach che giunge in’Unione estatica con la sua Sorgente trascendentale; in una partecipazione conscia con l’Uno, Dio Supremo, davanti alla quale l'Abisso, una barriera percepibile solo alla coscienza dell'Ego basata sulla dualità, cessa di esistere. Ciò che l'Anima sperimenta come unione beata con l'Amore/Luce del Paradiso è per l'intelletto/ego una “via negativa”, un passaggio nell'oscurità d’inconsapevolezza. L'ego è stato predisposto a valutare la luce e a disprezzare le tenebre, a vedere il bianco come simbolo del "bene" e il nero come simbolo del "male". Questa prospettiva dualistica rappresenta un'ultima barriera che deve essere superata, perché attraversando l'Abisso, in termini della sua essenza, nulla del mondo creato viene "lasciato indietro". Ciò include l'idea dell'ego di "male/diavolo", un concetto che a questo punto del viaggio,  è "riscattato" quando viene percepito nella sua forma simbolica non duale finale come "Lucifero il Portatore di Luce", il servo sempre fedele di Dio e “l’onorevole avversario” dell'uomo.





Qui abbiamo l'ultimo ostacolo, che un aspirante 'mago nero' come Balkan, non è in grado di superare. Accettando volentieri di sacrificare il suo intelletto, anche sottomettendosi alla temporanea "morte" della feroce volontà e della forza motrice del suo ego, giungerebbe comunque alla più completa sconfitta. L'ego vede solo la "luce minore" dell'intelletto e l'ego del mago nero, non avendo forgiato alcuna alleanza con l'Anima, una volta privato della luce dell'intelletto, è impotente e cade nell'oscurità.

AT. La scacchiera è nera- 
LCF. La scacchiera è bianca- 

La versione AT dell'incisione della Settima Porta mostra una scacchiera con tutti i quadrati bianchi che, nel contesto del passaggio attraverso l'Abisso, rappresenta il rifiuto, incapacità della coscienza egoistica dualistica di Balkan di oltrepassare l'oscurità. La versione LCF, dal pannello tutto nero, rappresenta la capacità dell'anima di valutare l'oscurità come l'equivalente della luce. Simboleggia anche la capacità dell'anima di continuare a "giocare" nel territorio dell'Abisso e il Regno Trascendentale dello Spirito, che la coscienza egoistica dualistica della mente inferiore sperimenta solo come una discesa nell'oblio. A questo punto, il "mago nero" Balkan, incapace di attraversare l'Abisso o di attraversare il Regno dell'Anima del Pilastro Centrale e la Colonna Destra della Misericordia, è destinato a occuparsi dei processi della sephira più alta che crede di raggiungere tra quelle che seguono il "sentiero della mano sinistra". Questa è Geburah/Giudizio, la sephira più alta sulla Colonna Sinistra della Severità/Forma, anche chiamata, così come sperimentata dalla prospettiva dell'ego non rigenerato, Pachad/Paura, che è il soggetto dell’OTTAVA PORTA…








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PORTA  OCTAVA
ARCANI VMBRARUM REGNI
APVD  Aristidem  Torchiam

DE  Majestate æterna
Magni Spiritus
Mali




"Quanto all’ottava tavola non è molto difficile scorgerne il senso generale: VIC. I.T VIR. corrisponde al bel motto VICTA IACET VIRTUS. Che significa: “La virtù giace sconfitta”. La virtù è la fanciulla sul punto di essere decapitata da quell’aitante giovane provvisto di spada e di armatura, mentre sullo sfondo gira la ruota inesorabile della Fortuna o del Destino, che avanza lentamente, ma fa sempre il giro completo. Le tre figure presenti su di essa simboleggiano i tre stadi che nel medioevo venivano rappresentati con i termini “regno, regnavi e regnabo” cioè regno, ho regnato, regnerò.” 
(Baronessa Frida Kessler)




AT.   LCF.
                                                                                                                                       

ome possiamo notare, la descrizione fornita dalla Baronessa Kessler non rispecchia fedelmente l’incisione dell’Ottava Porta. L'incisione LCF originale di questa Porta, commissionata per "Il Club Dumas", il libro su cui è basato il film, mostra appunto una giovane donna in abito fluente, inginocchiata e con le mani intrecciate in preghiera. Un cavaliere, con un’aureola che gli avvolge la testa, sta dietro di lei e alla sua sinistra con la spada sollevata sulla sua spalla destra nella classica posa dell'Arcangelo Michele; pare stia per decapitarla. Sullo sfondo dietro al cavaliere c'è una ruota della fortuna con tre figure umane apparentemente aggrappate alla superficie esterna della ruota. Una figura è diretta verso l'alto, una è piegata sul ginocchio sinistro nella parte superiore della ruota e, una sta tornando indietro. Anche sullo sfondo, dietro la donna inginocchiata, c'è un castello con una porta chiusa. Questa incisione è stata modificata ai fini del film per mostrare un giovane che assomiglia a Corso, che indossa una veste da monaco e si inginocchia con le mani strette in preghiera. Nel frattempo un cavaliere che somiglia a Balkan, senza alone intorno alla sua testa, sta dietro di lui, alla sua sinistra. Tiene una mazza borchiata, una grossa mazza a punte, sollevata sulla spalla destra, apparentemente in procinto di colpire Corso in testa. L'arma è stata cambiata molto probabilmente da una spada ad una mazza a causa della scena del film in cui Corso è seduto a un tavolo nella biblioteca della Fondazione Kessler; è proprio mentre guardava questa incisione che viene colpito alla testa dal di dietro e ha perso conoscenza. Poiché il simbolismo della spada è un adattamento più preciso al simbolismo dell'Albero della Vita, userermo l'incisione originale del libro per descrivere il passaggio attraverso l'Ottava Porta.

Il simbolo più immediatamente riconoscibile, situato sullo sfondo dell'incisione, è La Ruota della Fortuna, Arcano #10 dei Tarocchi. È proprio il simbolo della ruota che fornisce lo sfondo visivo dove le figure centrali del "boia" e della "vittima" fanno la loro comparsa; dunque i simboli contenuti in questa carta forniscono il contesto appropriato per decodificare il significato di questa particolare esecuzione.





La carta “La Ruota della Fortuna” è assegnata al percorso che collega la sephira Netzach (Venere/Sentimento Inferiore) nella parte bassa del Pilastro Destro della Misericordia nel Regno dell'Ego, con la sephira Chesed (Misericordia/Sentimento Superiore) nella parte alta di questo stesso Pilastro, nel Regno dell'Anima. Questo percorso nella Colonna Destra è l'equivalente del percorso nel Pilastro Sinistro dell'Appeso che è stato oggetto della Sesta Porta. Una giovane fanciulla prega inginocchiata mentre, alla sinistra dietro di lei, giace un cavaliere che impugna in alto una spada tra le mani. Lui giace nella classica posa dell’Arcangelo Michele che, pare stia per decapitare la fanciulla. Sullo sfondo gira la “ruota della fortuna” e la porta del castello è chiusa. Il viaggiatore, la cui coscienza riflette il livello di Netzach/Sentimento Inferiore, scoprirà che la sua risposta emotiva agli "alti" e ai "bassi" della vita è influenzata dalla valutazione del suo ego, nel senso che tutto ciò che accade a lui possa essere giudicato come "giusto" o "ingiusto". Se crede che l'esperienza sia "ingiusta", si sentirà vittima di poteri apparentemente al di fuori del suo controllo e potrebbe arrivare a credere che non ci sia un ordine morale nel mondo o che il mondo sia in realtà "cattivo". Se crede che la sua esperienza sia "giusta", potrà trarre la conclusione che, agendo secondo certe regole, potrà controllare ciò che gli succederà in futuro. Ad esempio, potrà aspettarsi che mantenere un buon comportamento si tramuti in un'esperienza favorevole ("favorevole" come definito dall'ego, ovviamente). Si noti che le due percezioni siano diametralmente opposte:  la convinzione che l'individuo non abbia alcun controllo su ciò che gli accade, viene percepito come "male", così come quando ha il controllo assoluto su ciò che gli accade, viene percepito come 'bene'. Dal punto di vista dell'ego, la cosa più importante è che abbia sempre "il controllo". Se percepisce che ha o non ha il controllo, ritiene di essere "vittimizzato". Mentre il viaggiatore che attraversa il Regno dell'Anima e sale sul sentiero verso Chesed (Sentimento Superiore), inizia a rendersi conto di essere pian piano guidato da quella che sembra essere l'essenza intelligente di un principio morale ordinato Superiore, potrà etichettarla come “angelo custode”, “sé superiore” o “Dio”. Il viaggiatore percepisce come sé questa “forza” riuscendo in qualche modo a porre e strutturare nella sua vita, tutte quelle persone ed esperienze che lo aiuteranno maggiormente a correggere i suoi difetti e a migliorarsi e crescere nella pienezza del suo più alto potenziale. Mentre il viaggiatore inizia a notare questo modello che si sviluppa nella sua vita, la sua prospettiva si sposta gradualmente quando si rende conto che le esperienze più difficili possono effettivamente portare a risultati più preziosi in termini di crescita personale, del proprio sviluppo spirituale e l’esperienza di gioia finale che è il frutto di questa crescita.

A questo punto, la domanda se una esperienza sia "giusta" o "ingiusta" perde il suo potere di provocare una risposta emotiva. Il viaggiatore la cui natura del sentimento riflette la prospettiva del Sentimento Superiore di Chesed, arriva a fidarsi della bontà suprema della forza morale superiore che ha compreso, per guidare gli eventi della sua vita e, su quella base, egli accetta e valuta come "bene" qualunque esperienza egli vada incontro, considerandola un’occasione di apprendimento appropriata, un dono, semplicemente perché è capitata a lui. La risposta diventa quindi un modello di anticipazione e apertura ad una nuova crescita:  "Ok, cosa non ho capito adesso, che l’esperienza stia cercando d'insegnarmi?" Sicurezza emotiva, soddisfazione e felicità, sono radicate, indipendentemente dalle circostanze della vita, in rapporto alla fiducia assoluta posta in relazione alla Forza dell'Angelo Guardiano. 


La coscienza che oltrepassa il Velo di Paroketh attraverso tutti e tre i sentieri, da Yesod/Luna/Istinto (Terza Porta), da Hod/Mercurio/Mente Inferiore (Quarta Porta) e, da Netzach/Venere/Sentimento Inferiore (Quinta Porta), arriva a un punto di unione con il punto di equilibrio centrale dell'Anima, Tiphareth. Qui l'esperienza del Sentimento Inferiore di 'alti' e 'bassi' emotivi, come sperimentato dalle figure sul bordo esterno della Ruota, lascia il posto ad uno stato di serenità più elevato che viene fornito da una visione prospettica posta al centro della Ruota.

Diametralmente opposta alla sephira del Sentimento Superiore, Chesed (Misericordia), è la sephira del discernimento morale Superiore, Geburah (Giudizio), visitata per la prima volta nella Sesta Porta, la cui arma simbolica è la spada. La spada, nel simbolismo dei Tarocchi, rappresenta la capacità dell'intelletto di indagare, analizzare e scandagliare nel regno delle idee. La spada, nel contesto della Mente Superiore del Regno dell'Anima, porta anche il significato del discernimento morale, la capacità di intuire ciò che costituisce il Bene Supremo in ogni particolare situazione. Geburah è anche un simbolo della Volontà Superiore, la determinazione nel vivere sempre in linea con la comprensione benevola dell'anima per ciò che rappresenta il Bene Supremo. Sebbene nel Regno dell'Ego la percezione indica che per poter "vincere", gli altri debbano "perdere", nel Regno dell'Anima, il Bene Supremo di ciascun individuo è perfettamente allineato con il Bene Supremo di tutti gli altri, perché il principio morale ordinato Superiore è l'unica fonte con cui tutte le anime sono allineate, anche se ognuna segue il proprio percorso di vita altamente individualizzato. Sebbene l'ego possa mantenere la propria immagine “giusta” di sé, scendendo a patto con le leggi secolari della società e i codici morali basati sulla religione, il suo standard interiore di "giusto", che  equivale a: "in qualunque modo io posso farla franca", è ciò che si può veramente considerare "sbagliato”'. Dal punto di vista dell'ego, ciò che è "buono" è sempre definito come qualsiasi cosa soddisfi al meglio i bisogni personali dell'io: piaceri sessuali, sicurezza materiale, “vincita” e s’è necessario mentire, imbrogliare, rubare, calpestare i diritti degli altri o anche uccidere per raggiungere i propri obiettivi; l'ego non rigenerato ritiene che questo tipo di azioni siano semplicemente ciò che va fatto per essere un "vincitore". La convinzione è che il "peccato" è il prezzo che deve essere pagato per il "successo" materiale, ed è breve il passaggio mentale a quella credenza simbolica di "vendere l'anima al diavolo" come un modo per assicurarsi il successo nella vita. Da questa prospettiva dell'ego depravata, la "virtù" è l'equivalente della "debolezza", e coloro che sono "folli" abbastanza da insistere nel comportarsi virtuosamente, si stanno semplicemente preparando all’inevitabile sconfitta. Questo cinico punto di vista si riflette nelle incisioni AT in cui la figura che rappresenta la morale non violenta (la fanciulla nella versione del libro e il monaco nella versione cinematografica), viene giustiziata, sconfitta dal cavaliere, il cui potere superiore si basa semplicemente sul fatto che sia disposto a usare mezzi violenti per prevalere. "La virtù giace sconfitta", questa è l'interpretazione che l’ego dà alla frase che descrive questa incisione. 

AT. Non c’è un'aureola attorno alla testa del cavaliere- 
LCF . C’è un’aureola attorno alla testa del cavaliere- 

Nel Regno dell'Anima, le posizioni morali delle due figure sono invertite perché dal suo punto di vista e della sua capacità di discernimento morale Superiore, ci sono volte in cui i codici, degli standard sociali e/o religiosi che sono applicati dalle leggi e dai costumi convenzionali, sono semplicemente sbagliati. Leggi ingiuste e codici religiosi immorali sopravvivono finché un discernimento morale più evoluto espone la loro natura malvagia e richiede riforme. Ci fu un tempo in cui un "buon cristiano" non vedeva alcun problema nel possedere e nello sfruttare le vite e il lavoro degli schiavi. La legge secolare ha sostenuto i "diritti" dei padroni degli schiavi e, le istituzioni religiose socialmente approvate hanno chiuso un occhio sull'ovvia ingiustizia. L'ego ha giustificato questa situazione definendo gli schiavi come "proprietà" e considerandoli come "sub-umani". Oggi esistono ingiustizie parallele. L'Anima, riconoscendo tutti gli altri come suoi eguali, non è in grado di approvare questo tipo di ingiustizia legalizzata o ipocrisia religiosa e, deve usare la sua più alta autorità morale per opporsi a qualsiasi definizione convenzionale di "virtù" che accetterebbe tale ingiustizia. Nella versione LCF dell'emblema dell'Ottava Porta, l'aureola che circonda la testa del cavaliere armato di spada, lo identifica come personificazione della funzione morale superiore di Geburah (Giudizio), che non viene ingannato o scoraggiato dalla pretesa esteriore della "virtù", ma colpisce infallibilmente l'ingiustizia sottostante. Da questa prospettiva del discernimento morale Superiore dell'Anima, la “virtù” dell’ego, viene sconfitta. Questo è esattamente il destino che attende Balkan se riesce in qualche modo ad avventurarsi nel raggio d’azione della spada di Geburah.

Il cavaliere con l’aureola nell’immagine di LCF, piuttosto che il boia di un trasgressore, rappresenta l’angelo guardiano. Egli simboleggia il principio protettivo, mentre nell’immagine di AT la stessa identità è la natura condannevole della psiche, sé superiore dell’anima. Questo è il principio di Lucifero, sempre presente nei cuori di tutti gli uomini e donne, esortandoci ad evolvere verso il divino. Lucifero si prende cura e mostra la via a coloro che cercano la verità, ma egli è anche nemico dell’effimero e si mostra sempre minaccioso, non per dispetto, ma per giudizio, poiché solo il valoroso può raggiungere il Sacro Graahl, l’apoteosi e, comprendere lo scopo divino del viaggio acquisendo carattere divino.






Il viandante che originariamente aveva iniziato il suo viaggio proprio alla base dell'Albero della Vita nel Regno puramente materiale di Malkuth della Prima Porta, ha da allora fatto strada fino al vertice dell’Albero e ora si trova davanti al bordo dell'Abisso. Proprio sotto di lui c'è l'ultimo sentiero orizzontale che collega le due più alte sephiroth della Creazione, Geburah/Mente Superiore e Chesed/Sentimento Superiore. Questo percorso è assegnato all’Arcano #8 dei Tarocchi, chiamato "La Forza" che, nei mazzi tradizionali, raffigura una donna incoronata dal segno trascendentale dell'Infinito, che con le sue mani, senza paura e senza sforzi, guida dolcemente l'apertura o la chiusura delle mascelle di un leone.


Il simbolismo di questa carta viene però meglio rappresentato nel mazzo dei Tarocchi di Thoth, dove appare come Arcano #11, dove il passaggio attraverso l'Abisso è stato specificatamente progettato dal suo creatore con uno scopo ben preciso in mente. Aleister Crowley ribattezzò la carta "Lussuria", motivando questa spiegazione poiché si riferisce alla "concupiscenza dello Spirito" e da cui ne ha apparentemente preso il simbolismo dall'Apocalisse di San Giovanni. Nonostante il significato simbolico sia già comunemente compreso nel contesto “apocalittico”, viene reinterpretata in un modo molto interessante per riflettere la saggezza tradizionale di questo stadio del "percorso del ritorno" lungo l'Albero.




La carta ritrae una donna nuda che tiene la coppa del Graahl sollevata nella sua mano destra, cavalcando trionfante il dorso di una bestia a sette teste. Ed è con questa immagine che arriviamo alla vera traversata dell'Abisso, la rimozione del "velo" finale (la parola "Apocalisse" deriva dalla Apokalypsis greca o "rivelazione"), l'apertura della NONA PORTA…




*   *

*







PORTA  NONA
ARCANI VMBRARUM REGNI
APVD  Aristidem  Torchiam

DE  Illis qui Lepras
ac Pestilentias
non Timent




"L‘ultima, e anche l’allegoria più significativa. NC SC.O TEN.BR LVX è senza dubbio NUNC SCIO TENEBRIS LUX: “Ora so che dalle tenebre viene la luce”… In realtà siamo davanti a una scena dell’Apocalisse di san Giovanni. Rotto l’ultimo sigillo, la città segreta in fiamme, dopo che è stato pronunciato il nome terribile o il numero della Bestia, arriva il momento della Cortigiana di Babilonia, che cavalca in trionfo sul drago a sette teste… “
(Baronessa Frida Kessler) 

“Un drago a sette teste su cui cavalca una donna nuda, che tiene in mano un libro aperto. Una mezzaluna le nasconde il sesso. In lontananza, sulla collina , un castello in fiamme, la cui porta, come nelle altre otto tavole, è chiusa.”
(Liana Telfer) 




AT.    LCF.
                                                                                                                                       

econdo il libro “Il Club Dumas”, sul quale si basa il film, tutte e tre le incisioni della Nona Porta contenute nei tre libri sono uguali. Alla fine della trama del libro, Corso scopre che a un certo punto nel passato si è verificato un falso, ma non ci sono informazioni o speculazioni presentate nel libro su ciò che il simbolismo originale sarebbe potuto essere.
La versione del libro mostra in primo piano una donna nuda che cavalca una bestia cornuta a sette teste. Nella sua mano sinistra la fanciulla tiene un libro aperto. La sua mano destra poggia sulla spalla della bestia e c'è una luna crescente, nel suo grembo, rivolta verso l'alto. Sullo sfondo di una collina c'è un castello inghiottito dalle fiamme. L'incisione modificata per la versione cinematografica mostra la stessa scena, tranne per il fatto che il volto della donna è stato ridisegnato per assomigliare al personaggio della “ragazza" (Irene Adler) del film. Non c'è la luna crescente in grembo e, il braccio destro è sollevato, il dito indice che punta verso il castello, che è stato anch’esso ridisegnato per assomigliare all'effettivo castello utilizzato nelle riprese del film (Château de Puivert).




La donna nell’iscrizione rappresenta il grembo, chaos primordiale da cui tutto proviene e verso cui tutto ritornerà un giorno. Lei accoglie tutti i viaggiatori che fanno ritorno all’interno di sé e nella definitiva unione con la loro fonte. Lei non rifiuta nessuno, diventando un tutt’uno con tutti,  che è alla base del suo ruolo simbolico come Meretrice Sacra. Lei cavalca la Bestia a sette teste, ovvero le energie delle sette sephiroth più basse dell’Albero della Vita. Ciò rappresenta simbolicamente il processo di trasformazione per cui, la Caduta, coscienza dell’anima umana, può trovare la propria via di ritorno verso il Giardino. Lucifero è il difensore della libertà, che soffre per amore dell’umanità. Egli fornisce la conoscenza attraverso il sacrificio, dannando così sé stesso. Per capire ciò bisogna realizzare che, Lucifero  in latino significa Portatore di Luce e, quella luce è la metafora della conoscenza. Lucifero non è solamente uguagliato a Odino, ma anche a Prometeo che ha sfidato Zeus per insegnare all’umanità come ottenere il fuoco, dunque la conoscenza per raggiungere la Luce. Zeus si vendica contro Prometeo, incatenandolo ad una roccia e costringendolo eternamente a farsi masticare il fegato dagli avvoltoi. Uno segue l’esempio di Lucifero quando “i ribelli” esercitano la propria libertà e si assumono il rischio per ottenere un destino diverso da quello che il re condivide coi comuni mortali. La ricompensa è l’immortalità.

L’organo che sacrifica costantemente sé stesso per il bene della conoscenza è il cuore. Il cuore del nostro sistema solare, il sole, è la manifestazione macroscopica dell’amore incondizionato verso tutto, emanandolo dal cuore dell’universo. Il suo simbolo e veicolo è Lucifero, il fuoco perenne e inestinguibile, il fotone, il quanto. I Catari, furono sterminati dalla Chiesa Cattolica che riteneva il loro dio, creatore architetto del mondo materiale, essere il male in natura. Questo dio satanico, rappresenta le leggi fisiche dimensionali che bisogna superare nel tentativo di sfuggire alla sua morsa e ricongiungersi con l'Uno. 


Nell'analisi della Settima Porta ("Il discepolo supera il maestro"), abbiamo appreso che la "non-sephira" chiamata Daath/Conoscenza, situata al centro dell'Abisso, era il luogo originario di Malkuth/La Figlia, prima della "caduta" da uno stato di unità alla parte inferiore dell'albero. È una tradizione cabalistica considerare la Caduta descritta nella storia dell'Antico Testamento del Giardino dell'Eden, non come la Caduta dell'uomo, come un essere separato dal suo Creatore, ma piuttosto come la Caduta volontaria di un aspetto del Divino, dall’Unità nel regno dell'apparente separazione e dualità, alla ricerca della conoscenza attraverso l'esperienza. Dunque ogni anima individuale completa il suo viaggio attraverso gli stati di coscienza in evoluzione, rappresentati dalle sette sephiroth inferiori dell'Albero della Vita e, mentre l'Anima ritorna indietro nell'Unità, non solo riunisce la sua scintilla trascendentale individuale di Divinità con la sua Fonte, ma porta anche la sua parte delle ricchezze dell'Albero inferiore - le energie della Figlia, ora mature del frutto dell'esperienza di vita - aggiungendo questa parte di tesoro, al grande raccolto della Conoscenza; a Daath. 

Crowley chiamò la donna che cavalca la bestia "Babalon". Ha ricevuto la visione del simbolo dopo aver condotto invocazioni usando il sistema magico di Enoch e, la parola enochiana BABALON può essere tradotta come "meretrice". Babalon è identificato sia con la figlia che ritorna dell'Albero inferiore (che ha creato le sephiroth inferiori nel processo della sua Caduta e, raccoglie e restituisce le loro energie all'Unità al suo ritorno) sia con la prima sephira Trascendentale nel luogo di ritorno, Binah, la madre di ogni forma. In entrambi i contesti, il suo calice del Graahl (sulla carta dei Tarocchi) rappresenta il ricettacolo di tutte le possibili varietà di esperienze terrene. Come Binah/Madre e Malkuth/Figlia, Lei è il "grembo" da cui sono nate tutte le forme dell'Albero inferiore ed è Lei che accoglie tutti i viaggiatori che ritornano in Sè Stessa e nell'Unione definitiva con la loro Fonte. Non rifiuta nessuno, diventando Uno con tutti coloro che si incrociano nell'Unità, che è la base del suo ruolo simbolico di "Prostituta Sacra".




“Io che sono la bellezza della terra verdeggiante, 
la candida luna tra le stelle, 
e i misteri delle acque, invoco le vostre anime perché si levino
e tornino a me. 
Poiché io sono l’anima della natura stessa. 
Colei che ha creato tutto l’universo. 
Da Me provengono tutte le cose, 
e a Me, tutte devono ritornare. 
Fate sì che Mi veneri un cuore pieno di gioia, 
perché ricordate: 
tutti gli atti d’amore e di piacere sono Miei rituali. 
Che dentro di voi regni la bellezza e la forza,
il potere e la compassione, 
l’onore e l’umiltà, 
la gioia e la reverenza. 
E voi che cercate di conoscerMi, 
sappiate che la vostra ricerca e il vostro struggimento
saranno vani, 
se non conoscerete il Mistero: 
perché se non trovate dentro di voi
ciò che cercate,
non lo troverete in nessun altro luogo. 
Poiché ricordate, 
sono stata con voi 
fin dal principio, 
e sono ciò che si ottiene 
alla fine del desiderio.”  
(Doreen Valiente) 



Nel suo aspetto di Figlia, Babalon ritorna nel regno dell'Unità cavalcando la "Bestia", le cui sette teste sono le energie delle sette sephiroth inferiori. Nella descrizione di Crowley, le teste sono quelle di un angelo (Chesed), un santo (Geburah), un poeta (Tiphareth), una donna sensuale (Netzach), un uomo valoroso (Hod), un satiro (Yesod) e un Serpente leonino (Malkuth). Ci sono stati molti tentativi di interpretare la visione dell'Apocalisse di San Giovanni in termini di eventi politici, storici, attuali o futuri e, potrebbe essere o non essere possibile farlo. Ma ciò che è certo è che è stato scritto sotto forma di un documento "occulto" codificato, che descrive simbolicamente un processo di trasformazione in base al quale la coscienza "caduta" dell'anima umana potrebbe ritrovare la via del "giardino".

La Luna Crescente sottintende il punto di equilibrio Yesod/Luna/Sessualità della Triade Inferiore dell'Albero, che rappresenta la prospettiva delle funzioni sessuali, del Sentimento Inferiore e della Mente Inferiore dell'Ego. Come abbiamo riscontrato nell’analisi della Terza Porta, senza la partecipazione della funzione del Senso Superiore dell'Anima, le energie sessuali servono solo i desideri e gli scopi dell'ego, e la loro "frequenza" energetica è confinata a un livello a cui essi simbolicamente creano calore, ma non Luce. Una volta che la "coniunctio" tra Ego/Luna/Yesod e Anima/Sole/Tiphareth è stata raggiunta, l'impegno delle energie della Mente Superiore e della natura del Sentimento Superiore, innalzano la frequenza delle energie sessuali al punto di poter portare il viaggiatore, che è pronto a subire questa esperienza, attraverso l'Abisso e nell'ultima unione con l'energia trascendentale dello Spirito, sotto l'apparenza del suo ultimo e più sottile velo di forma: la Luce Superiore. Questa ascesa attraverso le sacre energie kundalini, che l'ego chiama "sessuali", ma che si esprimono a tutti i livelli dell'esperienza umana, come concettualizzato nel sistema energetico inter-dimensionale dei chakra, è l'obiettivo della pratica orientale del Tantra. Ma come simboleggiato dal serpente kundalini sull''albero raffigurato nel Frontespizio, anche questa energia sale spontaneamente, mentre il viaggio lungo l'Albero progredisce solo se determinate pratiche vengano eseguite o meno. Nel contesto di questa esperienza superiore delle energie sessuali, l'atteggiamento tipicamente repressivo o pruriginoso dell'ego nei confronti del soggetto sessuale, non è più presente e, quindi la luna, il suo simbolo, non appare più nella sua precedente posizione strategica nella vera incisione LCF.

Mentre Corso lascia il castello, dopo l'incendio provocato da Balkan, vediamo dietro di lui, sette fiamme separate che fuoriescono dalle finestre del castello, simboli della piena funzione delle sette sephiroth inferiori dell'Albero, che Corso ha ora raggiunto interiormente. Mentre Corso e la ragazza ingaggiano tutte queste energie per elevare la forza kundalini attraverso i sette chakra inter-dimensionali, vediamo emergere tre nuove fiamme nel castello; simbolo, dell'unione di Anima e Spirito, l'unione delle sette sephiroth inferiori con le tre energie trascendenti della Triade Superiore dell'Albero. Questo rappresenta la riunione di tutte le energie dell'Albero con la "traversata" e l'annientamento dell'Abisso. Nell'interpretare le espressioni che vediamo sul volto di Corso e le variazioni nei modi in cui la ragazza gli appare, notiamo che c'è una parte di lui, la sua funzione dell'ego, che entra temporaneamente nell'oscurità incrociando l'Abisso, che l'Ego/Mente Inferiore sperimenta come "morte". Quando questa funzione 'resuscita', egli prenderà una nuova forma. Dal drammatico punto più alto del Rebis con lo sfolgorante castello sullo sfondo, il film ci porta successivamente alla luce naturale e al banale sedile anteriore di un'auto che Corso si trova a guidare, in cui per la prima volta la ragazza compare come passeggero. Sembra che Corso si sia ripreso dal suo rito metafisico di passaggio, ma questa apparenza è ingannevole. Egli si ritroverà in uno stato che rappresenta una forma di negazione psicologicamente protettiva; è l'equivalente spirituale dello "shock" fisico dove per almeno alcuni giorni agirà come se tutto fosse "di nuovo nella normalità" pur essendo acutamente consapevole, nel profondo della sua psiche, che non lo è. 

AT. Il castello è avvolto nelle fiamme-
LCF. Il castello non è avvolto nelle fiamme.... e in alto brilla una stella-

Nella versione cinematografica della vera incisione LCF, che Corso finalmente recupera dal negozio dei gemelli Ceniza, il castello non è in fiamme, ma è invece splendente di luce. Chiunque abbia preso la decisione di contrastare la versione AT, di distruzione del fuoco, con la versione LCF di luce sfolgorante, a nostro parere dovrebbe essere "riconosciuto" perché questo simbolismo si adatta molto bene alla saggezza tradizionale e all'esperienza finale che il viaggiatore incontra mentre attraversa finalmente l'Abisso che gli permette di entrare nel Regno Trascendentale dell'Unità. La luce accecante che spunta dalla roccaforte, il Regno Divino è l’ultima esperienza che fa il viaggiatore, poiché attraversa finalmente l’Abisso ed entra nel Regno Trascendentale dell’Uno. Quando Corso arriva al negozio dei fratelli Ceniza, scopre che è stato sgomberato e sta per essere smantellato. Tutti i libri sono spariti e i due operai che stanno rimuovendo un'ultima libreria, non parlano la lingua di Corso e non hanno nulla di utile da dirgli. La risposta che sta cercando arriva inaspettatamente “dall’alto”. Mentre la libreria viene rovesciata, una pagina fluttua dalla cima dell'ultimo scaffale - la vera incisione della Nona Porta che mostra una stella a 8 punte, la cui luce brillante proviene dal castello.




'La Stella' è il #17 Trionfo degli Arcani Maggiori dei Tarocchi, ed è tradizionalmente rappresentato come una stella a otto punte accompagnata dalla figura nuda di una donna con due brocche; una che versa acqua in una piscina e l'altra che versa acqua sulla terra. Questo è un simbolo che può essere visto come l'Anima che unisce i regni della Materia e dello Spirito - proprio come l'Anima media tra il regno dell'Ego della Materia e il Regno Supremo dello Spirito lungo l'Albero. 




La stella a otto punte è un simbolo di pienezza e completamento ed è stata associata agli otto trigrammi di base dell’ "I Ching" cinese, le cui combinazioni producono il ciclo completo di 64 esagrammi (come il numero di caselle presenti nella scacchiera). Questi esagrammi rappresentano tutte le possibili interazioni tra le due energie polari di attivo/solare yang (linea continua) e ricettiva/lunare yin (linea tratteggiata), tutte le interazioni sono ancora riconosciute come riflessioni di una unità sottostante.





La stella a otto punte è anche tradizionalmente usata nelle rappresentazioni della Stella di Betlemme (la nascita del figlio di Cristo che era sia umano che divino) e si identifica con la rigenerazione e la rinascita nello Spirito. La sua forma correlata, l'ottagono, è considerata la forma intermedia tra il quadrato e il cerchio (che unisce simbolicamente il quattro e il tre, la Materia e lo Spirito). È anche la forma tradizionale dei battisteri e dei caratteri battesimali in cui il corpo è sigillato con il segno dello Spirito attraverso l'azione dell'acqua. Quindi oltre al simbolo della Luce Trascendente/Spirito che emana dal castello (materiale) nella vera incisione, abbiamo un riferimento che, è significativo, non alla trascendenza della Materia e dell'Ego, ma piuttosto alla sottostante unione di Ego/Anima/Spirito e della forma materiale esteriore della creazione e dell'energia divina creativa che la informa e la anima.

Perché i fratelli Ceniza hanno forgiato la nona incisione? "I gemelli", come simbolo del segno dei Gemelli, rappresentano la Mente Inferiore dell'Ego, la coscienza di dualità della Bestia, e dalla prospettiva di questa Mente Inferiore - in termini della sua esistenza autonoma - la fine del viaggio è un annientamento. Roman Polanski ci ha dato un indizio proprio nel nome dei due fratelli "Ceniza", che in spagnolo significa "cenere" e, dall'unico gemello che fumava, cade piuttosto spettacolarmente sulla copertina del preziosissimo libro.

Considerando che Aristide Torchia, l'autore delle versioni della Mente Inferiore/AT delle incisioni - e tutti e tre i suoi libri - furono ridotti in cenere, tranne che per le incisioni della Mente Superiore/LCF che furono salvate da Corso, potrebbe essere più che una coincidenza che esista un'espressione idiomatica spagnola "tener el cenizo" che significa avere sfortuna o essere raggirati. Nel “Mercoledì delle Ceneri” cristiano, la liturgia del pentimento (dal greco "metanoia", una trasformazione di mente e di cuore), quando sulla fronte viene incisa una croce di cenere, ci viene detto, "ricorda che sei polvere e polvere ritornerai". Questo è un richiamo alla coscienza della Mente Inferiore/Ego/Corpo per allinearsi agli scopi dell'Anima in preparazione alla sua risurrezione di Pasqua nello Spirito. Quando la coscienza non guarda più attraverso il punto di vista limitato della Mente Inferiore, ma dalla prospettiva illuminata della Mente Superiore, la bottega dei Gemelli, che rappresenta la vecchia visione limitata, è simbolicamente svuotata - la sua visione del mondo non è più adeguata. Solo una volta che questo cambiamento si è verificato, la vera visione è rivelata da una fonte simbolicamente "più alta", l'autentica incisione della Nona Porta cade ondeggiando giù dal ripiano superiore della libreria. 

Il castello in cui Corso entra alla fine del suo viaggio è una versione del simbolo della Nuova Gerusalemme. Come il "Tempio di Salomone", il Tempio "non fatto con le mani", esiste contemporaneamente sia come "macrocosmo" (la creazione perfetta), che come "microcosmo" (la coscienza individuale illuminata). L'essenza del nostro Essere e del mondo creato è sempre stata Divina. Solo la prospettiva temporanea e limitata della nostra coscienza legata all'Ego, ci ha impedito di sperimentare questa verità: una volta che Corso è in grado di guardare attraverso gli occhi dello Spirito/Anima, sperimenta ciò che era sempre stato lì per quello che "vedono gli occhi": la Luce Divina del Cielo che continua a fluire dal cuore di tutte le forme create. La matrice in cui egli difende la propria integrità.   


*   *

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RITUALE


"Le incisioni che ora sta ammirando (riferendosi a Corso), Torchia le ha adattate dal Delomelanicon. Formano una specie di indovinello satanico. Interpretando correttamente le informazioni contenute nel testo originale, si ritiene possibile evocare il Principe delle Tenebre in persona." 
(Boris Balkan)


Come più volte abbiamo avuto modo di notare, l'ego di Boris Balkan, come per scherzo del destino, lo conduce a seguire alla lettera le indicazioni raffigurate nelle incisioni di Aristide Torchia, anziché quelle di Lucifero. L'ultima incisione AT della Nona Porta raffigura infatti un castello in fiamme, l'esatto esito finale del film e dell'avventura satanica di Balkan. L'apparizione del Principe delle Tenebre, invocata da Balkan, non si concretizza ai suoi occhi come sperata. Cerchiamo di capire perché non ha funzionato e quale potrebbe essere la formula corretta. 

"Uno... Quattro... Tre... Sei... Cinque... Sette... Otto... Due... Nove. L'enigma è finalmente risolto: viaggiare in silenzio per una strada lunga e tortuosa, affrontare le frecce della sfortuna, senza temere né cappio né fiamme, giocare la più grande delle partite e vincere, non astenendosi da alcuna spesa e sfidare le vicissitudini del fato, e ottenere alla fine la chiave che aprirà... la Nona Porta!" 
(Boris Balkan)




Lasciando perdere momentaneamente le lacune interpretative dei simboli, se osserviamo attentamente l'ordine in cui Balkan dispone le nove incisioni all'interno del rituale, noteremo delle inesattezze. Il primo indizio importante ci giunge direttamente dal regista, ma solo i più attenti l'avranno adocchiato. Balkan, all'inizio del rituale, ripete dei numeri che dovrebbero indicare l'esatto ordine in cui le incisioni andrebbero disposte per ottenere l'apparizione del "Maestro". Se confrontiamo i numeri con le relative pagine delle incisioni scopriremo l'inghippo.

Uno : Tavola I;
Quattro : Tavola IIII;
Tre : Tavola III;
Sei : Tavola VI;
Cinque : Tavola VII;
Sette : Tavola V;
Otto : Tavola VIII;
Due : Tavola II;
Nove : Tavola VIIII.

Le incisioni delle tavole V e VII non rispondono ai corrispettivi numeri di appartenenza, ma sono invertite. La tavola V non raffigura lo schema simbolico della quinta incisione, poiché quella che vediamo al centro della composizione è "L'allievo supera il Maestro" raffigurato invece nella settima incisione, che è "Invano"... e, viceversa. V'è un altra ragione per cui, anche secondo il regista Polanski, il numero 5 dovrà essere inserito al centro dello schema ritualistico, ma questo lo vedremo dopo. 

"Ti dono la mia devozione, Maestro. Mi offro completamente a Te, non farmi temere né cappio, né fiamme, né veleno. Cancellami dal libro della Vita, e iscrivimi nel libro nero della Morte. Ammettimi alla Nona Porta, e così sia... e così sia, ora!"
(Boris Balkan)







Balkan aspettandosi di assistere alla materializzazione fisica di Lucifero innanzi a sé, si prostra in ginocchio supplicandolo di apparire. Lucifero, in realtà, appare a Balkan, ma lui non riuscirà a realizzare mai chi fosse.





Il libro “Le Nove Porte” è il cammino designato a Lucifero per ritornare nel Regno dei Cieli, il posto in cui risiedeva prima di essere cacciato. Nei panni di un uomo, Lucifero non riconosce la propria vera identità, per mezzo delle limitazioni della consapevolezza umana. Questa non-coscienza o stato di non-illuminazione, è simboleggiato nei Tarocchi nella carta “Il Matto”. “Il Matto” indossa sempre un fagotto e una sorta di cappuccio. Dean Corso, va in giro sempre con lo stesso soprabito e una borsa per tutto il tempo. Il libro è stato progettato non per evocare il diavolo, ma per il diavolo nel tentativo di farlo ritornare in Paradiso. Dean Corso, che nella versione bibliografica si chiama Lucas Corso (LC), è Lucifero. Corso, così come Lucifero, non è mai secondo a nessuno, nè schiavo di un'ipotetica entità malefica o Maestro, a differenza di Balkan.






Per scoprire il rituale necessario a riportare Lucifero nel Regno dello Spirito, dobbiamo servirci dei numeri. Sia i numeri romani presenti in alto, al centro, di ogni iscrizione, sia al ricorrente numero 666 che spesso vi ritroviamo come messaggio nascosto, che rappresenterà la "prova del nove" dell'indovinello.

Come abbiamo attenzionato in occasione dell'incisione della Quarta Porta, il numero romano che identifica la quarta cifra numerica, non è ordinato nel modo classico: IV, ma bensì: IIII. Osserviamolo assieme a tutti gli altri numeri:


Porta Prima: I. 
Porta Secunda: II.  
Porta Terzia: III.
Porta Qvarta: IIII.
Porta Qvinta: V.
Porta Sixta: VI.
Porta Septima: VII.
Porta Octava: VIII.
Porta Nona: VIIII.   

Se analizziamo tutti i numeri romani presenti nelle incisioni, noteremo, con l'aiuto di uno specchio, una sequenza ascendente e una discendente. Dunque, proviamo ora a leggere questi numeri come riflessi in uno specchio, da destra verso sinistra:

I (uno) = I (uno);
II (due) = II (due);
III (tre) = III (tre);
IIII (quattro) = IIII (quattro);
V(cinque) = V (cinque);
VI (sei) = IV (quattro);
VII (sette) = IIV (tre);
VIII (otto) = IIIV (due);
VIIII (nove) = IIIIV (uno).

Su questa base possiamo ulteriormente dedurre che questi numeri, a differenza del 5 (centro del percorso sia ascendente che discendente), sono complementari tra loro:

1 = 9;
2 = 8;
3 = 7;
4 = 6.

Se proviamo a sommarli tra loro e ridurli ad un'unica cifra, come nel sistema gematrico, otteniamo sempre il numero: 10. Proviamo adesso a disporre tutti i numeri in modo alterno-esterno, all'interno di un quadrato. Cominciamo dal numero 5, che rappresentando il centro su scala ascendente e discendente, porremo dunque al centro, esattamente come nell'indicazione fornita da Polanski. Poi posizioniamo la coppia 1 : 9 rispettivamente sopra e sotto il 5, essendo tutti dispari. La stessa cosa facciamo con l'ultima coppia dispari 3 : 7, che poniamo ai rispettivi lati sempre del 5, ottenendo una croce dispari. Le coppie pari verranno ordinate in prossimità delle caselle vuote rimaste nei rispettivi quattro angoli del quadrato.

     




Il quadrato che abbiamo così ottenuto disponendo i numeri nello schema seguendo un metodo preciso, presenta una peculiarità. Proviamo adesso a sommare tutte le caselle orizzontali, da sinistra verso destra, riducendo tutti i numeri ad un'unità:

4 + 9 + 2 = 15 = 5 + 1 = 6;

3  + 5 + 7 = 15 = 5 + 1 = 6;

8 + 1 + 6 = 15 = 5 + 1 = 6.

Adesso proviamo a sommare tutti i numeri inseriti nelle caselle verticali dal basso verso l'alto:

8 + 3 + 4 = 15 = 5 + 1 = 6;

1  + 5 + 9 = 15 = 5 + 1 = 6;

6 + 7 + 2 = 15 = 5 + 1 = 6.

Infine proviamo a sommare tra loro tutti i numeri diagonali:

8 + 5 + 2 = 15 = 5 + 1 = 6;

4 + 5 + 6 = 15 = 5 + 1 = 6.

Siamo finalmente giunti a rivelare il segreto nascosto nelle incisioni delle Nove Porte, la "prova del nove" che ci permette di stabilire se la sequenza trovata è quella corretta:



  6  6  6 
6              6
6              6
6              6
  6  6  6  

Non v'è dubbio alcuno che questa sia la formula corretta che garantisce la riuscita del Rituale. Questa è, pertanto, la sequenza numerica che vi permetterà di aprire il portale del “Regno Delle Ombre” per accedere al “Regno della Luce”.








                                                                  - Frank Tudisco







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